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loro dèi, convenendomi ne la narrazione de la mia istoria raccontarne una di non picciolo momento. Era dunque, tornando a parlare de l’ancilla di Mondo, ella familiare di quei sacerdoti egiziani, e massimamente era domestica molto del capo d’essi sacerdoti. Onde andò a parlargli e narrargli il male di Mondo e la cagione che la infermità gli aveva generata, e con efficaccia grandissima il supplicò a voler fare ciò che ora intenderete. Al che il buon sacerdote, mosso da le preghiere, e da l’oro che la donna gli diede accecato, in tutto ubidire si dispose. Onoravano i romani in quei tempi mirabilmente la dea Iside e con grandissima solennità e meravigliose cerimonie i sacrificii d’essa dea celebravano, i cui sacerdoti erano tenuti in gran prezzo.' 'Andò il capo d’essi sacerdoti un giorno a casa di Paolina e, mostrando nel venerabile aspetto ed atti umili e modestissimi grandissima santimonia, disse di voler parlar seco. Venne la donna e, riverentemente ricevuto l’ippocritone sacerdote, gli fece portare da sedere ed appo lui ella altresì tutta riverente s’assise, aspettando ciò che egli dire le volesse. Cominciò il padre santo, col collo torto e parole gravi sputando, a dir una sua lunga intemerata de la divinità del dio Anubi, che appo gli egizii era in venerazione grandissima; e che sapendo esso dio come ella molto brama d’aver un figliuolo, che per esser una de le più oneste donne di Roma, che esso dio Anubi, innamorato de la sua pudicizia e di tante altre sue virtù voleva esser il padre e giacersi seco dentro il tempio de la dea Iside, ove verrebbe a trovarla in forma d’un giovine, perchè se fosse comparso in forma divina ella non averebbe potuto sofferire lo splendore de la divinità. Facile cosa fu ingannare la semplice e buona madrona, e tanto più facile quanto che appo i romani era ferma credenza i dèi e le dèe aver figliuoli tra loro ed ancora assai sovente mischiarsi con gli uomini e donne mortali. Cose nel vero piene d’ignoranza e di sciocchezza e di sacrilegio, a fare i dèi amatori di donne, di maschi, adulteri ed incestuosi; ma la cosa stava pure così. Portavano i romani ferma opinione il lor padre Enea essere stato figliuolo di Venere e d’Anchise, e i fondatori Romulo e Remo esser stati generati da Marte e nodriti da una lupa. Era poi fama Alessandro Magno esser figliuolo di Giove Ammone, e di mille altri eroi s’affermava l’origine esser venuta dai dèi. Si teneva anco per fermo che il maggior Scipione Affricano era stato generato da uno dio che in effigie di serpente si trasformava, ed ingravidò la madre d’esso Scipione. Egli ne sono pieni gli antichi libri di queste pappolate, onde non fu gran meraviglia se Paolina