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un tratto s’impadronì del Friuli, e di quello fece duca Gisulfo suo nipote, al quale diede molte nobili famiglie longobarde per abitare quei luoghi. Dopoi soggiogò tutto il paese che ora si dice la Marca Trivigiana, eccetto Padova e Monselice: Mantova non puotè pretendere. Prese lo stato di Milano e tutta la Liguria, da Roma e Ravenna in fuori, ove dimorava Longino, e alcune castella nel lito del mare edificate, quasi di tutto il resto si fece signore; di modo che a l’imperadore greco restò solamente una parte del reame di Napoli e alcuni altri pochi luoghi. Era il barbaro re, come s’è detto, crudelissimo e fuor di misura superbo, presumendo tanto di se stesso che gli pareva, per l’acquisto sì subito di tanto paese fatto, che il dominio non che de l’Italia, ma di tutta Europa non gli devesse poter mancare; onde lasciata la cura de la guerra, si diede a l’ozio e a celebrar conviti. Ritrovandosi adunque tra l’altre volte un giorno in Verona, che per lo sito suo molto gli piaceva, ordinò' 'un grandissimo convito, al quale per sua commessione furono invitati i primi uomini e donne dei longobardi. Attendeva il re Alboino a mangiar bene e ber meglio, invitando questo e quello a far il medesimo, di maniera che per lo superfluo vino divenuto più del solito allegro, per non dire ebro, si fece recare la tazza fatta del capo di Comondo suo suocero; il che subito fu fatto. La fece il barbaro re empire di buon vino, e poi che in mano l’ebbe, comandò ad uno suo scudiero, che di coppa lo serviva, che a la reina la portasse, dicendo: – To’ qui: prendi questa coppa e dàlla a Rosimonda mia moglie e dille che allegramente beva con suo padre. – Sedeva Rosimonda ad un’altra tavola con le donne per iscontro al marito, e sentì la voce di quello, perciò che assai forte aveva gridato, e di dentro grandemente si conturbò. Il perchè, piena d’ira e di mal animo contro il re, ascoltò di quello l’ambasciata. Prese nondimeno la coppa in mano e con nausea e sdegno a la bocca se la pose mostrando di bere, e a lo scudiero, celando quanto più le era possibile la sua mala contentezza, poi la restituì. Non poteva la reina sofferire che il re a la presenza di tutta la nobiltà longobarda le avesse non solamente ricordata la morte del padre, ma per più disprezzarla avesse voluto che bevesse ne la tazza fatta de la testa di quello; onde restò dopo questo, non potendo vincere l’ira, piena così di mal animo contra Alboino, che a lei non pareva di poter vivere nè mai aver contentezza in questo mondo se di sì grande ingiuria altamente non si vendicava, sensibilmente ognora sentendo che le parole del re di continovo dolore la trafiggevano e come un mordace e rodente verme