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con lei parlare ed entrar in lunghi ragionamenti, ella a le due parole prendeva congedo e a casa se n’andava; del che egli viveva molto mal contento e non si poteva in modo veruno da questo suo amore ritrarre. Ebbe mezzo d’altre donne che le parlarono, le scrisse ed usò il tutto che possibile fosse; ma il tutto era indarno, imperciò che ella stava più dura che uno scoglio in mare, nè mai degnò di fargli buona risposta. Il misero amante, non ritrovando compenso alcuno in questo suo amore, nè sapendosi da questa impresa levare, e di già perdutone il sonno e appresso il mangiare, infermò assai gravemente. E non conoscendo i medici il suo male, non gli sapevano che rimedio dare; di maniera che il povero giovine correva a lunghi passi a la morte senza ritrovar aita. Venne, mentre era in letto, a vederlo un uomo d’arme, che seco aveva gran domestichezza, ed era da Spoleto. A costui narrò messer Filiberto tutto il suo amore e la fiera rigidezza de la sua dura e crudelissima donna, conchiudendogli che non ritrovando altro rimedio egli di doglia e soverchia pena se ne moriva. Lo spoletino, udendo la cagione del male di messer Filiberto, a cui egli voleva un grandissimo bene, gli disse: – Filiberto, lascia far a me, ch’io troverò il modo che tu parlerai a costei a tuo agio. – Io non vo’ altro, – rispose l’infermo, – chè se io ho questo, e’ mi dà l’animo d’indurla che di me ella averà pietà. Ma come farai? ch’io ci ho speso gran fatica, l’ho mandati messi, ricchi doni, promesse grandissime, e nulla mai ho potuto ottenere. – Attendi pur, – soggiunse lo spoletino, – a guarire, e del rimanente a me la cura lascierai. – Con questa promessa Filiberto se ne rimase tanto contento che in breve si sentì meravigliosamente megliorare, e indi a pochi giorni se n’uscì del letto. Sono tutti gli spoletini, come sapete, grandissimi cicalatori, e vanno per tutta Italia quasi ordinariamente cogliendo l’elemosine del barone messer santo Antonio, chè sono onnipotenti nel favellare, audaci e pronti, e mai non si lasciano mancar soggetto di ragionare, e sono mirabilissimi persuasori di tutto quello che loro entra in capo di voler suadere. La maggior parte anco di quelli che vanno ciurmando i semplici uomini, dando loro la grazia di san Paolo e portando bisce, serpentelli ed aspidi sordi, e facendo simil mestiero e cantando su per le piazze, sono spoletini. Era adunque l’amico di messer Filiberto di questa nazione, e forse a’ giorni suoi s’era trovato su tre paia di piazze a vender polve di fava per unguento da rogna. Egli veggendo messer Filiberto guarito, non si scordando la promessa che fatta gli aveva, ebbe modo di trovar uno di quelli che, con una cesta