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Passavano poi poche settimane che egli qualche piacevolezza non facesse, in modo che sempre di lui ci era da ragionare. Aveva servito in diversi luoghi varii padroni e ultimamente s’era ridutto col detto vescovo, col quale essendo stato alcuni dì, e conosciuto che, da mangiar e bere in fuori ed esser due fiate l’anno vestito, altro profitto non ne traeva, si deliberò al padrone far una beffa, e il tutto communicò con un altro servidore suo compagno. Ed avendo deliberato quanto fare intendeva, andò un giorno a la stalla e montò suso un cavallo che nuovamente il vescovo aveva fatto cavare de la razza, che era rabbioso e restio. Egli, come spesso soleva, lo menò fuor de la città, ove si facevano certi cavamenti per asciugare alcuni campi che erano molto soggetti a l’acqua. Quivi cominciò a cacciar il polledro' 'nel mezzo del fango e terreno molle che i cavatori cavavano, e con gli sproni nei fianchi del cavallo lo faceva indiavolare, di modo che tutti dui, avviluppati ed impaniati nel fango, caddero per terra alquanto lontano dai cavatori. I quali correndo là, cominciarono a gridare: – Aita, aita! – e trovarono Bigolino tutto infangato, che gettava sangue da la bocca, e più nè meno si moveva come se fosse stato morto. Credettero quelli cavatori che il cavallo avesse tutto pesto il misero Bigolino, e levatolo fuor del fango lo posero sovra una bara e lo portarono al vescovado con general compassione di tutti i reggini, perciò che per le sue piacevolezze era da tutti amato. Egli, mentre lo portavano, lasciava spesso uscire qualche gocciola di sangue da la bocca. Il vescovo, che molto amava Bigolino, udendo il caso, si turbò forte e, fattolo porre in una camera, mandò subito per il medico. Il compagno di Bigolino messosi appresso di lui, attendeva a confortarlo; e restando talvolta soli, gli rinfrescava una sponga che Bigolino piena di sangue teneva in bocca, che fatta a posta aveva per far la beffa. Venuto il medico e visto il sangue e guardato l’infermo in viso, che con certi profumi s’era di modo fatto livido che aveva color di morto, non essendo dei più esperti del mondo, giudicò che il povero uomo fosse tutto dal cavallo pesto e che non avesse vena a dosso che non fosse rotta, e disse che Bigolino era in periglio di morire. Non istette guari che pareva che il povero Bigolino cominciasse ad aprire gli occhi ed alquanto a rispirare; il perchè alora fu fatto chiamare uno sacerdote che lo confessasse. Ma da Bigolino altro non puotè avere se non certi cenni che mostravano che egli fosse dei suoi peccati malcontento. Aveva ordinato il medico castraporci certe unzioni, le quali il compagno di Bigolino diceva aver fatte. Venuta