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non sono così sciocco; ma per mostrarvi con questa mia piccola dimostrazione il desiderio de l’animo mio, che di molto maggior cosa vorria potervi onorare, conoscendovi per le infinite vostre doti d’ogni gran cosa meritevole. State sano.

Varii accidenti avvenuti ad un giovane in amore. E d’un pazzo.


Fu in queste parti di Guascogna, non molto lontano da questo luogo, un gentiluomo di Francia che per ora chiameremo Gian Cornelio Salvinco, il quale riduttosi in Guascogna, essendo uomo di grande spirito e di elevato ingegno, prese la pratica d’una bellissima gentildonna, moglie d’un barone il quale si dilettava molto de la caccia d’augelli di rapina. E tra gli altri augelli aveva un astore, il megliore di tutta la contrada, col quale prendeva gran piacere ad uccellare. Egli aveva un suo fratello di tal sorte impazzito che il più de le volte albergava tra’ boschi, e secondo che il grillo gli montava, se ne veniva talora da mezza notte a casa, e bisognava che il' 'palazzo gli fosse aperto a tutte quell’ore che voleva, altrimenti entrava in tanta furia e di tal maniera urlava, strideva ed imperversava che pareva un diavolo d’inferno, facendo tanto di male per le case dei vicini che era cosa incredibile. S’era provato di volerlo tener serrato dentro una camera, ma egli s’infuriava di modo che da se stesso si rodeva le mani e sarebbesi tutto roso se non se gli fosse aperto. Per questo aveva libertà giorno e notte d’andare, venire e stare secondo che più gli piaceva. Il giorno al sole a la notte al lume de la luna combatteva con la sua ombra, facendo le più belle scaramucce del mondo, e assai volte a l’ombra istessa dava bere, e veggendo che l’ombra non beveva ma si moveva secondo i movimenti che egli faceva, le gittava il vino a dosso a poi si metteva smascellatamente a ridere e far cotali sue sciocchezze, che davano gran piacere a chi vedeva quegli atti. Il giorno, se non era molestato, non dava molestia nè impaccio a nessuno; ma la notte con tutti che incontrava menava le mani e dava di matte bastonate, ed anco ne riceveva. Ora andando spesso Gian Cornelio a caccia col barone, prese tanta domestichezza in casa che, con il longo praticare quivi dentro, s’innamorò de la gentildonna, ed ebbe la fortuna così favorevole che ella altresì di lui s’innamorò. E perchè ove gli animi sono d’un medesimo volere, avvien di rado che l’effetto non consegua conforme al voler