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signor di Novi


Non manca mai argomento, a chi vuole, di scrivere a chi più gli aggrada, come nuovamente a me è avvenuto di scriver a voi non solamente questa lettera, ma anco di mandarvi una faceta novella. Andai questi dì da Milano a Mantova e, nel passar per Bozzolo, il signor Federico Gonzaga, signor d’esso luogo, mi v’ha tenuto otto dì, che mai non m’ha voluto lasciar partire. Quivi tutti quegli onesti piaceri che a un par mio si ponno dare, egli per sua cortesia a me ha dati e intertenutomi tanto allegramente quanto dir si possa. Come il mio signor Pirro suo fratello seppe ch’io quivi era, ci venne anco egli; e partendomi per andar a Mantova, volle il signor Pirro che seco andassi al suo piacevole Gazuolo, ove mi tenne in grandissimi piaceri alcuni giorni. Era in Gazuolo il signor Sebastiano da Este, che nuovamente era ritornato da Napoli, il quale un dì, essendo noi di brigata in ròcca, narrò una piacevole novella avvenuta in Calabria ne la città di Reggio. Quella, avendola scritta, vi mando e dono per segno de la mia servitù. State sano.

Bigolino calabrese fa una beffa al vescovo di Reggio suo padrone per mezzo di certe cedule false.


Quando io credeva di partirmi da Napoli e tornar qua, fui astretto andarmene a Reggio in Calabria, città molto antica e dal cui lito vogliono che la Sicilia per un terremuoto si smembrasse e di terra ferma si facesse isola, come ora è. Così hanno scritto gli scrittori de le memorie antiche, e là da tutti s’afferma. Era quivi ai servigi di monsignore riverendissimo vescovo de la città uno chiamato Bigolino calabrese, il più sollazzevol uomo ed allegro che in quelle contrade si ritrovasse. Egli fingeva con la sua voce ora il ragghiar de l’asino, ora l’annitrire dei cavalli ed ora la voce di questo animale ed ora di quell’altro. Medesimamente erano pochi augelli dei quali egli la voce e il canto non contrafacesse, di maniera che a tutti i reggini egli era carissimo.