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come da lui fu detta. Scritta che l’ebbi, pensai a cui donar la devessi e subito voi m’occorreste. E così ve la mando e al nobilissimo nome vostro dedico, sì perchè quel giorno che fu narrata voi non ci eravate, come che vostra consuetudine fosse quasi sempre d’esserci, ed altresì perchè voi la vostra mercè volentieri le cose mie così in rima come in prosa leggete e lodate. Gli portai li ragionamenti che de le cose mirabili e a pena credibili furono fatti in alquanti giorni, ove interveniste voi più volte ascoltatore e narratore, sono in uno speciale libro da me messi insieme, ma non ancora con l’estrema mano rivisti. Degnerete adunque questo picciolo dono con la solita vostra gentilezza e cortesia accettare e farne anco partecipe il vostro onorato parente messer Bartolomeo Simoneta, uomo ne le greche e latine lettere tra i nobilissimi dottissimo e tra i dottissimi nobilissimo. Ed a l’uno e a l’altro di core mi raccomando. State sano.
S’è entrato in un ampio e bellissimo campo, ragionandosi in questa sì onorata compagnia, e specialmente dinanzi a la non mai a pieno lodata signora Ippolita e a quest’altre signore, de le lodi del sesso loro; e molte de le antiche e de le moderne si sono dette, veramente degne che se ne faccia istoria. Ed ancor che per l’umane e divine leggi l’uomo sia capo de la donna, non segue perciò che le donne debbiano essere sprezzate o tenute come serve, essendo il sesso loro atto ad ogni virtuoso ed eccellente ufficio che a l’umana vita si convenga. Il che d’altra prova non ha bisogno, essendosi già da noi raccontate molte chiare donne, de le quali alcune, come furono le amazzoni e altre, sono state ne l’arme miracolose; altre hanno fatto tremar l’imperio romano, come fece la valorosa Zenobia; altre in governare e amministrare regni e stati, molto rare e prudenti; altre in comporre poemi, di elevatissimo ingegno; altre in orare e diffendere le liti, graziosissime; ed altre in varii essercizii molto famose e singolari. E chi dubita che oggidì non ce ne fossero assai che il medesimo farebbero che fecero l’antiche e forse di più, se da noi, mercè del guasto mondo, non fossero impedite, chè non vogliamo quelle esser bastevoli che a l’ago e al fuso? Ma preghiamo Dio che la ruota non si volga; chè se un tratto avvenisse che a loro