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Quando da la villa vostra vicina a Revero il mese passato mi partii, me n’andai giù a seconda per Po sino a Ravenna, ove dal nostro gentilissimo e vertuoso messer Carlo Villanova, quivi per la Chiesa romana governatore, fui tre dì ritenuto e molto accarezzato. Ora, avendo egli il secondo dì nel monastero di Classi fatto preparare un solenne desinare ed una lauta cena, montati la matina a cavallo, con alcuni ravegnani in compagnia, quivi n’andammo, perchè il monastero è circa tre miglia fuor de la città, vicino a la Pigneta, per la via che va a la volta di Cervia, ove il sale in gran copia si fa. E cavalcando per la Pigneta, – ove per mio conseglio non è da caminare quando è gran romore di venti, – avemmo gran piacere sì per veder l’artificio che usano col fuoco a cavare fuori de le durissime pigne, come essi le chiamano, i pignuoli, ed anco per veder la moltitudine degli armenti quasi selvaggi che per la Pigneta pascono. Vedemmo altresì molte testuggini così terrestri come marine, di mirabil grandezza, ottime da mangiare. Ma più d’ogni altra assai ce n’era una, vie più grande senza parangone che non è la maggior rotella da fante a piè che mai si vedesse. Pervenimmo poi in un bellissimo pratello non di molta ampiezza, tutto circondato d’altissimi e spessi pini, ove tutto il giorno è in alcuna parte di quello ombra. E mirando e lodando molto la beltà del luogo, disse messer Carlo: – Io voglio che questa sera noi ceniamo su questa minutissima e verde erbetta, chè se non fosse tanto tardi, io manderei a prender il desinare. Ma il sole già s’innalza, e meglio è che prendiamo il camino verso Classi, e poi questa sera goderemo l’amenità di questo bellissimo luogo. – Così ci mettemmo in via, sempre a l’ombra cavalcando fin a Classi. Quivi trovammo Pandolfo di Mino, che ci aspettava ed aveva fatto l’ufficio del sescalco. Smontati adunque, essendo il desinare presto, data l’acqua a le mani, ci mettemmo a tavola. E parlando de la bellezza del luogo, disse Pandolfo: – Signor governatore, a ciò che voi sappiate, commune openione è dei ravegnani che questo sia il luogo ove Nastagio degli Onesti, amando la Traversara, quando qui si ridusse, vide il crudele strazio che di lei fu fatto da messer