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maniera occorse. Nel tempo che papa Pio secondo – che fu senese de la nobil famiglia di Piccioluomini – celebrò il gentil concilio di tutti i prelati ecclesiastici e prencipi cristiani per far il passaggio contra gli infedeli, si ritrovò in Siena un giovine d’onorata e antica famiglia chiamato Niccolò, il quale, dei beni de la fortuna abondevolmente ricco, menava una vita splendida e magnifica. Ora egli, incontratosi un giorno in una bellissima giovane, figliuola d’un povero uomo che era muratore e con l’arte sua la vita si guadagnava, di lei oltra ogni credenza s’innamorò, e sì a dentro nel core gli penetrarono le fiamme amorose che egli in poco di tempo si conobbe non esser più suo, ma tutto dipender da l’amata giovane. Il perchè, spiato ove era di quella la stanza, ancor che a l’abito e ai panni povera l’avesse giudicata, nondimeno poi che intese quella esser poverissima e che filando lana la sua vita reggeva, molto si trovò di mala voglia e mille volte biasimò la natura che così bassamente l’avesse fatta nascere. E quasi vergognandosi che ad amarla si fosse messo, volentieri, se potuto avesse, si sarebbe da simil impresa ritratto. Ma il manigoldo d’Amore l’aveva in modo concio che ’l povero amante più non poteva di se stesso a sua voglia disporre, ma a mal grado suo gli conveniva la veduta giovanetta amare e le pedate di quella di continovo seguitare. Onde sapendo ove era l’albergo del padre di lei, per quella strada due e tre volte passando, non dico la settimana ma ogni giorno, vedeva quella che filando lana in compagnia d’alcune altre povere donne dimorava, e quanto più spesso la vedeva più sentiva accendersi e crescer il disio tanto più di vederla. Sentendosi adunque fieramente struggere e non potendo da la giovane aver una guardatura, si trovava il più disperato uomo del mondo. E tra l’altre sue doglie non era picciol dolore questo, che a nessuno ardiva palesar questo suo male, parendogli pure di deverne esser forte biasimato che, essendo egli nobile e de le prime schiatte di Siena, si fosse posto ad amar sì bassamente. Chè se avesse avuto alcuno fidato compagno con cui si fosse potuto scoprire e communicargli le sue passioni, averebbe senza dubio sentito alcun conforto e forse con il fedel conseglio de l’amico ritiratosi da sì penosa impresa. Vennegli assai volte un pensiero di farla rapire, ma non gli pareva esser atto da gentiluomo, e tanto più quanto che credeva che ella sdegnata se ne sarebbe; il che a lui sovra ogni cosa averia recato estremo dolore, perchè averebbe prima voluto morire che farla sdegnare. Stare anco così e di passione consumarsi, troppo duro gli pareva. Mentre che egli in questi travagli riposo non ritrovava