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di cui il legnaggio oggidì ancora regna. Questi figliuoli di Filippo Bello furono molto mal avventurati ne le mogli loro, perchè due furono provate adultere e punite, e la terza accusata, ma, non si provando l’adulterio, fu assolta. Era il primo dei figliuoli Luigi re di Navarra, sovranominato Utino, il quale ebbe per moglie Margarita figliuola di Roberto di Borgogna. Il secondo, chiamato Filippo il Lungo, fu marito di Giovanna figliuola d’Ottone conte di Borgogna e di Matelda d’Artois, e fu esso Filippo fatto conte di Poiterì e di Tolosa. Il terzo, che si chiamò Carlo, anco egli ebbe il cognome di Bello e fu conte de la Marca a d’Angolesme. A costui fu data per moglie Bianca figliuola del sovradetto Ottone. Ebbe Filippo, padre di questi tre, dura ed aspra guerra con Edovardo re d’Inghilterra, figliuolo di Enrico quarto, e contra Guido conte di Fiandra, e diverse volte vennero a le mani facendo fatto d’arme, ove morirono uomini assai, così de l’una parte come de l’altra, avendo perciò per lo più i fiamengi il peggiore. Durò, mentre che Filippo visse, la guerra, e morendo la lasciò ereditaria a Luigi primogenito e a tutti gli altri suoi figliuoli. Essendo adunque il padre con tre figliuoli in campo, e guerreggiando in un medesimo tempo contra gli inglesi e fiammenghi, che erano insieme collegati a la destruzione de la Francia, avvenne che la reina di Navarra Margarita e Bianca, moglie, come s’è detto, di Carlo, essendo un giorno insieme e lamentandosi de la lontananza dei mariti che erano ne' 'l’oste, dissero che non cercavano già che quelli si stessero con le mani a la cintola, ma che portavano ferma openione che devessero darsi buonissimo tempo e prendersi piacere con ogni donna che loro venisse a le mani. E di questo più e più volte ragionando tra loro, la reina di Navarra, che era alquanto più baldanzosa de la cognata, disse: – Signora cognata e sorella, noi tutto il dì non facciamo che dire de le parole, e i nostri mariti fanno de’ fatti. Io so bene ciò che mi vien detto da chi viene da l’oste. Pensate pure, se bene sono su la guerra, che attendono ai diletti e trastulli, e non mancano loro femine con cui menano vita chiara; e di noi che qui siamo nulla loro sovviene, anzi quando hanno alcuna bella figliuola dicono che noi niente vagliamo a pari di quelle che si godono. Ma io so bene ciò che, per l’anima mia! meritarebbero. Non so mò quello che a voi ne paia, che quando a voi ne paresse ciò che a me ne pare, mi darebbe l’animo che noi faremmo che qual dà l’asino in parete, tal ricevesse. Essi non si curano di noi, e noi deveremmo render loro pane per ischiacciata, e meno curarsi di