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Il perchè gli fece dar de le mani a dosso, ed anco pigliar la cortegiana, la quale subito confessò che Vittore le aveva detto che ad ogni modo voleva far uno sberleffo a la vecchia. E non si trovando che ella altro sapesse, dopo che col bargello e sbirri ebbe fatto conto e che li tenne quintana, ben adacquata fu lasciata andar a casa. Vittore, messo a la corda, al primo tratto confessò il tutto e fu condannato a perderne il capo. I parenti suoi, sentendo che di bocca propria Vittore s’era accusato e confessato l’omicidio, e che a scamparlo tutti gli altri rimedii erano scarsi fuor che o sforzare il carcere o per inganno cavarnelo fuori, considerarono che la forza non v’aveva luogo, e che il più sicuro modo era usar l’inganno; onde ebbero via col mezzo di san Giovanni Boccadoro di corromper il sovrastante de la prigione, ne le cui mani erano le chiavi de la prigione. Ma per non si mettere essi a periglio di perder la vita e la roba, fecero che un loro fidatissimo uomo, avveduto ed audace, cambiatosi il nome e cognome, sapendo che il guardiano non lo conosceva, fu quello che pattuì e comperò con cento ducati la vita di Vittore; il quale, avuta una notte la commodità, via se ne fuggì e, con arte uscendo di Bologna, se n’andò a Ferrara. Non si trovando poi nè uscio nè finestra in parte alcuna essere stati sforzati o guasti, essendo le chiavature tutte intiere, lo scaltrito governatore s’imaginò il fatto com’era e fece arrestar il guardiano. Il povero uomo, vacillando nel suo constituto, fu menato a la corda, ma senza farsi collare confessò come a requisizione di messer Arminolfo Sicurano aveva fatto fuggir Vittore e ricevutone il prezzo di cento ducati. Ora non si trovando in Bologna uomo nessuno che si sapesse che tal nome avesse, fu giudicato che molto avvedutamente coloro che la libertà di Vittore avevano procurata avevano il caso loro negoziato; ed il povero guardiano portò la pena del suo ed altrui delitto, perchè la giustizia gli fece cacciar gli occhi di capo così fattamente che egli fra quattro o cinque dì se ne morì. Non si poteva il governatore dare ad intendere che Vittore senza la scorta' 'di qualche compagno fosse stato oso d’andar in una contrada piena di scolari, e solo far ciò che fatto aveva; onde diligentissimamente investigò chi praticava seco e chi era suo intrinseco amico. Facendo questa inquisizione, fu avvertito che dì e notte Vergilio Tenca stava con lui, e che il più de le volte mangiavano insieme. Fece alora il governatore citare Vergilio che gli devesse comparire dinanzi, perchè voleva da lui informarsi d’alcune cose appartenenti a la giustizia. Avvertito Vergilio de la cagione per la quale era chiamato, ancor che de l’omicidio commesso