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gliela insegnasse, ma questa, il dì medesimo che Angelo ritornò da Ferrara, gli fu levata. Ed udite come. Era in Bologna un Vittore da la Vigna, il quale teneva anco egli una bella giovane a sua posta, con la quale, tenendola fuor di casa, s’andava sovente a giacersi. Piacendo questa giovane ad uno scolare, volle vedere se poteva porle le mani a dosso, e sapere se ben trottava e che andare era il suo. Ma perchè non voleva perder tempo in stare tutto il dì a vagheggiarla, le mandò una buona vecchia a parlare, che di così fatti servigi serviva per l’ordinario molti scolari, perchè ella era singular maestra di portar ambasciate, e dimorava per istanza in una contrada ove grandissimo numero di scolari albergava. Andò la buona vecchiarella, che pareva' 'che andasse a le «stazioni» a Roma per guadagnare l’indulgenzia plenaria, con suoi paternostri in mano, dicendo quelli de la bertuccia, e fece l’ambasciata a la giovane; la quale si mostrò molto turbata ed agramente ne la sgridò con dirle, se più le veniva a portar simil ambasciate, che le faria fregiar il volto d’altro che d’oro nè di perle. Partì la ruffa e il tutto disse a lo scolare. La giovane, come Vittore la venne a trovare, gli disse che la ruffa degli scolari, – chè così la vecchia era generalmente chiamata, – l’era stata a parlare per volerla indurre a fare di sè copia a non so chi scolare. Di questo entrato Vittore in grandissima còlera, se n’andò di fatto a trovar la vecchia, a la quale, come fu là, fece un gran sfregio sul viso e le diede tre pugnalate. Al romore di lei che gridava: – Aita, aita! – corse un povero scolare, e, volendo aitare la vecchia, Vittore gli diede una stoccata nel petto, de la quale egli subito cadde boccone e si morì. Saltarono al romore di molti scolari, ma Vittore si mise la via fra le gambe e senza esser conosciuto da persona pagò tutti di calcagni e si salvò. Il barigello v’andò e niente di certo puotè intendere. Fu fatto il «veduto e trovato», come dicono, del corpo morto, e visitata la roffiana, che stava molto male, e riconosciute le sue ferite. Il governatore, uomo scaltrito e desideroso di smorbare la città di ghiottoni, fece subito essaminare la ruffa e domandarle se aveva nemico nessuno e se sapeva d’aver offesa persona alcuna. Ella disse non avere deservito nessuno che sapesse nè datogli nocumento, e che anco non conosceva chi mal gli volesse, se forse non fosse la tal cortegiana, che quei dì l’aveva fieramente minacciata per un messo che le aveva portato. Avuto questo indizio, il governatore fece spiare chi praticava con la cortegiana e trovò che ella stava a posta di Vittore da la Vigna, il quale per qualche altro suo misfatto era in norma appresso a la giustizia.