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lo sollevò ed amorevolmente, con accomodate parole, abbracciò e basciò. Poi, fatte venir le sue due figliuole e Maomet i figliuoli, si fecero le nozze con grandissima solennità. Ebbe dapoi Saich sempre per parente ed amico Maomet, e oggidì fa il medesimo il figliuolo d’esso Saich, che è successo al padre suo nel reame di Fez.
Se le trascuraggini e disordini che tutto il dì nascer si veggiono dal pestifero morbo de la gelosia, non fossero a tutto il mondo manifesti e massimamente a voi, che così copiosamente nei passati giorni ne parlaste, quel dì che desinaste con il signor Alessandro Bentivoglio e con la signora Ippolita Sforza sua consorte nel lor giardino di porta Comasca, io mi sforzarei con più lungo dire di fargli aperti e chiari. Ma perchè voi gli sapete e conoscete manifestamente di quanto male la gelosia sia cagione, e come assai sovente il marito indebitamente ingelosito fa che la moglie, piena di stizza e di dispetto, diviene in tanta disperazione che si delibera di far de le cose che prima non averia pensato già mai, io per or non ne dirò troppe cose. Voglio bene che chi ha moglie a lato, tenga aperti gli occhi e consideri le azioni di quella, e misuri destramente i passi e gli atti che gli vede fare, e con giudizioso occhio misuri e consideri il tutto, da ogni passione alieno, e che sovra il tutto metta mente che per sua dapocaggine e tristi portamenti non le dia occasione di far male. Deve anco considerare, sì come voi saggiamente alora diceste, che essa moglie non gli è data per ischiava nè per serva, ma per compagna e per consorte. E, veramente, tutti i mariti che questa considerazione averanno e la metteranno in opera, potranno notte e dì sicuramente attendere agli affari loro, senza temere che le moglieri gli mandino a Corneto. E ragionandosi variamente dei mali che pervengon da la sfrenata gelosia, messer Venturino da Pesaro vostro soggetto, che de la lingua volgare si diletta, poi che voi in camera