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narrar molte cose memorabili d’esso Lodovico. E tra l’altre cose che diceva, narrava come era stato uomo che mirabilmente si dilettava di coloro che non trovavano cosa alcuna impossibile da esser messa in essecuzione, ancor che l’effetto alcuna volta non succedesse, e che sommamente gli piaceva che l’uomo vi si mettesse per approvar ciò che poteva riuscire. Onde disputando un giorno a la presenza d’esso re monsignor l’abbate di Begnè, uomo di grandissimo ingegno e musico eccellentissimo, de le vertù de la musica e de la dolcezza de l’armonia, il re per burla gli domandò se egli, secondo che aveva trovato due o tre fogge d’instrumenti musicali non più a quella età veduti, averebbe saputo trovar un’armonia di porcelli, credendo che l’abbate devesse dir di no. L’abbate udendo la proposta del re, non restando punto smarrito e cadutogli in animo ciò che intendeva di fare, gli rispose molto allegramente: – Sire, se voi mi fate dar il danaio che bisognerà a far questa musica, a me dà l’animo di farvi sentir una mirabilissima armonia che risulterà da la voce di molti porcelli, che io regolatamente farò cantare. – Il re, desideroso di veder che fine averebbe cotal fatto, gli fece quel dì medesimo da uno dei suoi tesorieri numerar quella somma di danari che egli domandò. Si meravigliava ciascuno de l’impresa de l’abbate e dicevano ch’egli era stato folle a mettersi a quel rischio, perciò che il re s’era convenuto seco che non gli riuscendo questa musica porcellina, che gli pagasse altri tanti scudi quanti n’aveva ricevuti dal tesoriero, e se riusciva, ogni cosa restava a l’abbate. Ma l’abbate diceva a tutti coloro, che erano uomini di poco spirito e che non sapevano far nulla, e che tutto quello che essi non sapevano fare si pensavano esser impossibile. Pigliò l’abbate termine un mese a fare questa musica e in quel tempo comperò trentadui porcelli di varia età, scegliendone otto per tenore, otto per il basso, otto per il sovrano e otto per l’alto. Di poi fece un instrumento con i suoi tasti a modo d’organo, con fili lunghi di rame in capo dei quali maestrevolmente erano alligati certi ferri di punta acutissima, i quali secondo che i tasti erano tócchi ferivano quei porcelli che egli voleva, onde ne resultava una meravigliosa armonia, avendo egli sotto un padiglione fatti legar i porcelli secondo l’ordine che si ricercava, e di modo che non poteva essere che al toccar dei tasti non fossero punti. Provò cinque o sei volte l’abbate la sua musica, e trovando che molto bene gli riusciva, innanzi al termine di quattro giorni invitò il re a sentir la musica porcellina. Era alora il re a Tours con tutta la corte, e bramoso di veder e sentire cotal armonia, andarono ne la