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anni almeno, e credo che ci siano poche città che vedute non abbia, ed annotati molti lor costumi. E tra l’altre cose che ci ho trovate, con isperienza ho conosciuta una grandissima cortesia e lealtà in quei mercadanti affricani. Medesimamente è sicurissimo il praticare con i gentiluomini del paese, con ciò sia cosa che per l’ordinario sono buone persone, costumate, e vivono molto civilmente e vestono, a la foggia loro, politamente. Io confessar vi posso d’aver trovato in luoghi assai de l’Affrica vie più d’amorevolezza e carità che – e mi vergogno a dirlo – non ho trovato tra’ cristiani. Essi servano la legge loro maomettana molto meglio che non facciamo noi cristiani la nostra, e sono per lo più grandissimi elemosinieri e reali osservatori di tutti i contratti che con loro si fanno. E quello che parlo, lo dico per la più parte, perchè anco tra loro se ne trovano di giuntatori e tristi, e massimamente chi s’avviene con gli arabi, che per tutto sono dispersi. Ora, venendo a quello che narrarvi ho deliberato, vi dico che non molto lunge dal gran regno di Fez è una città che gli affricani chiamano Dubdù, città antica e posta sopra un alto monte che molto è abondevole di freschissimi fonti, che per la città a commodo e utile degli abitanti discorrono. Di questa città è lungo tempo che ne furono signori alcuni gentiluomini de la casa dei Beni Guertaggien, che fin adesso la possedono. Quando la casa di Marino, che perdette il regno di Fez, fu quasi distrutta, gli arabi fecero ogni sforzo per occupar Dubdù; ma Musè Ibnù Camnù, che ne era signore, valorosamente si diffese, di modo che costrinse gli arabi a far alcune convenzioni e più non offender quella città nè altri suoi luoghi. Lasciò Musè dopo la morte signore di Dubdù un suo figliuolo chiamato Acmed, di costumi e di valore al padre assai simile, che in grandissima pace conservò il suo stato insino a la morte. A Acmed successe nel dominio, per non aver figliuoli, un suo cugino nomato Maomet, giovine invero d’alto core, il quale ne la milizia fu molto eccellente e prode de la sua persona. Acquistò costui molte città e castella ai piè del monte Atlante, verso mezzogiorno, nei confini di Numidia. Egli adornò pur assai Dubdù di bellissimi edificii e la ridusse a più civilità di quello che era. Dimostrò tanta liberalità e cortesia agli stranieri e a quelli che passavano per la sua città, onorando tutti secondo quello che valevano e facendo le spese ad infiniti, che la fama de le sue' 'cortesie volava per tutti quei contorni. Io in compagnia d’alcuni gentiluomini di Fez una volta ci capitai e fui alloggiato nel suo palazzo con i compagni, dove fummo tanto onoratamente trattati quanto dir si possa. E