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Rocco che le compiacesse; il che egli fece. Come ella ebbe in mano la scrittura, ne lesse piano otto o diece linee; poi disse: – Ascoltate, signori, e udirete se mai fu al mondo la più mala lingua di quella di Rocco. – E secondo che deveva leggere il male di se stessa, mostrando non sapere che quivi fosse il Romeo, disse ordinatamente tutte le cose che Rocco aveva in tante volte in vituperio d’esso Romeo, biasimando con agre parole la miseria di quello. Pareva proprio che ella ciò che diceva lo leggesse su la scrittura. E quando ebbe detto assai, serrata la scrittura, disse: – Che vi pare, signori, di questo ribaldo? non vi pare egli che meriti mille forche? Io non conosco questo Romeo, ma io intendo che è gentilissima persona e che in casa sua si vive molto civilmente. E questo ribaldo non si vergogna dir male d’un uomo da bene e d’uno ne la cui casa egli ha il vivere. Pensate se è tristo. – Era Rocco tutto fuor di sè, mezzo stordito, nè sapeva che dirsi. Medesimamente il Romeo, che sapeva esser vere le cose che de la sua miseria s’erano dette, senza prender congedo se n’andò, e il simile fece Rocco; di sorte che nè l’uno nè l’altro assaggiò boccone de la preparata cena, dove si disse che Rocco aveva fatta la zuppa, come si dice, per le gatte. Cenarono quelli che rimasero e con Isabella istessa risero pur assai, che sì bene avesse saputo beffar Rocco e salvar se stessa.
Essendo noi, come sapete, questi dì passati a Casalmaggiore, la valorosa eroina, la signora Antonia Bauzia marchesa di Gonzaga, avendo dal re cristianissimo comprato con danari de la sua dote quel castello, quivi fece le suntuose nozze de la molto gentile sua figliuola la signora Camilla Gonzaga nel marchese de la Tripalda, de l’onorata e real famiglia dei Castrioti che molti secoli ha l’Epiro signoreggiato. Erano quivi i tre fratelli de la sposa, tre veramente magnanimi eroi, il signor Lodovico di Sabioneda, il signor Federico di Bozolo e la bontà ed amorevolezza del mondo, il signor Pirro di Gazuolo, con una onorevole compagnia di molti signori