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Sogliono ordinariamente le donne, còlte a l’improviso, aver secondo i casi le risposte pronte, e in un subito proveder a quanto bisogna; e dando loro questo la natura, non deve esser dubio che più provide e più accorte saranno quelle che più averanno praticato. Ma qual donne praticano più diversità di cervelli de le cortegiane de la corte di Roma? Quivi communemente concorrono tutti i belli e i più elevati ingegni del mondo, essendo Roma commune patria di tutti; quivi d’ogni sorte le buone lettere fioriscono, così latine come greche e volgari; quivi sono iureconsulti eccellenti, filosofi e naturali e morali consumatissimi; quivi pittori si veggiono miracolosi. Ci sono scultori che nel marmo cavano i volti vivi, e i conflatori col metallo gittano ciò che vogliono. Ma per non raccontare d’una in una l’arti, elle in perfezione tutte ci sono, di maniera che in ogni specie di vertù chi vuole farsi eccellente vada ad imparar a Roma. E perciò che, come dice l’ingegnoso sulmonese, avviene assai spesso ch’un medesimo terreno produce la rosa e l’ortica, così anco a Roma ci sono uomini buoni e tristi. Ma lasciando il resto, parlerò de le cortegiane che, per dar qualche titolo d’onestà a l’essercizio loro, s’hanno usurpato questo nome di «cortegiane». Sono per l’ordinario tutte più avide del danaro che non sono le mosche del mèle, e se casca loro ne le mani alcun giovine di prima piuma, che non sia più che avveduto e scaltrito, vi so dire che senza oprar rasoio lo radono fin sul vivo e ne fanno anotomia. Ora ragionandosi in Milano in una onorata compagnia di molti gentiluomini d’alcune cortegiane e dei loro modi che assai sovente usano, il capitano Gian Battista Olivo, uomo molto faceto e gentile, narrò una novelletta a Roma accaduta, la quale avendo io scritta secondo la narrazione da lui fatta, ho voluto che sia vostra. E così ve la mando e dono, essendo tutte le cose mie vostre. State sano.