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Ella, che non conosceva Filopemone, come lo vide, pensò che fosse uno dei servidori del duce e gli disse: – Tu sia il ben venuto. To’ questa scure e spezza cotesti ceppi. – Filopemone senza dir altro, cavatasi la cappa, cominciò a lavorare. Venne in questo il padrone de la casa, il quale, come vide il duce spezzar legna, tutto pieno d’ammirazione disse: – O Filopemone, che cosa fai? – A cui egli lietamente rispose: – E che altro pensi tu che sia, se non che io porto la pena de la disformità del mio vile vestire? – Quasi a simil modo fu trattato Massimigliano Cesare. Egli, come si sa, meravigliosamente de la caccia si dilettava, essercizio da Zenofonte molto lodato. Ebbe egli openione che i soldati greci per la assiduità de le venazioni divenissero prodi de la persona. Plinio nipote commenda senza fine Traiano perchè ne la caccia si essercitava. Essendo adunque un dì Massimigliano Cesare con i suoi a la caccia su quello di Tiroli circa le confini de la Baviera, s’abbandonò dietro ad un cervo e buona pezza lo cacciò. Ma, o che egli avesse meglior cavalcatura degli altri o i cortegiani con diligenza nol seguitassero o che che se ne fosse cagione, egli uscì di vista a tutti e sì a dentro ne la selva s’imboscò, che nè egli averebbe potuto udire le sonanti corna dei suoi, nè da loro, se sonato avesse, saria stato udito. E come gli altri avevano perduto l’imperador di vista, così egli, essendosi il cervo dinanzi a lui dileguato, quello aveva smarrito, nè traccia alcuna vedeva nè orma da poterlo seguire. Così errando per quei folti boschi, pervenne a la fine in una assai larga ed aperta campagna. Era quivi un pover uomo, il quale aveva caricato un suo cavallo di legna che nel folto bosco fatte aveva; e per disgrazia era la soma caduta in terra e il buon uomo molto di mala voglia s’affaticava per ricaricar il cavallo. Vide Massimigliano che colui indarno s’affaticava e che senza aita averia durata gran pena a ricaricarlo. E poi che alquanto da lontano stette a mirarlo, non riconoscendo forse la contrada, e quello accostandosi, gli domandò che paese era quello e in qual confine e se v’era villaggio appresso. Il buon uomo, che per ventura non aveva forse mai veduto l’imperadore, a quello rivoltatosi ed altrimenti nol riconoscendo, gli rispose quanto del luogo sapeva; poi in atto di pietà gli disse: – Messere, voi fareste una gran cortesia ad aiutarmi un poco, fin che io potessi caricare ed acconciar questa caduta soma su ’l mio cavallo e andar per i fatti miei. – Cesare, che di natura sua era il meglior gentiluomo del mondo e nato per compiacer a tutti e mai non offender persona, udita la pietosa e necessaria domanda del contadino che vedeva senza pro