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e sonar a doppio le campane del cielo e travarcare in mezzo la valle di Giosafat, ove farò cose mirabili. – E questo dicendo, si mise sotto la badessa e le attaccò l’uncino. Don Bassano, che era sotto il letto, e udiva tutte queste pappolate e sentiva farsi in capo la danza trivigiana, fu per scoprirsi; pur si ritenne. Stette il vescovo tutta la notte in piacere, e innanzi giorno uscì del monastero. La monaca del prete che stava a la vedetta, mentre la badessa con la compagna menava via il vescovo, cavò il prete de la camera e ne la sua lo condusse, ove, cacciando il diavolo ne l’inferno, don Bassano le narrò ciò che udito aveva e quanto intendeva di fare. Come la badessa fu tornata a la camera, la scaltrita monaca mise fuori il suo prete. Era quel dì il giorno di San Lorenzo, a la festa del quale era invitato il vescovo, e a don Bassano, canonico d’essa chiesa, toccava quel dì a cantar la messa. Il perchè, fattosi portar il messale de la messa grande a la camera, rase via alcune parole nel prefazio e destramente ve ne scrisse alcune altre, come intenderete; il che gli fu facile, perchè il messale era di carta pergamina. Venne il vescovo con i primi cittadini de la città ad onorar la festa. Don Bassano solennemente cominciò a cantar la messa. Il vescovo era vicino a l’altar grande suso una gran sedia per lui messa ad ordine. Ora, cantando il prefazio, disse don Bassano: – Omnipotens aeterne Deus, qui hesterna nocte reverendissimum dominum nostrum supra montem Gelboë ascendere ibique campanas coeli pulsare et deinde in vallem Iosaphat descendere fecisti, ubi multa mirabilia fecit, ecc. – Il vescovo, sentendo cantar queste cose nel prefazio, che credeva esser segretissime, entrò in grandissima còlera; e finita la messa, turbato fuor di modo, se n’andò al vescovado con animo di maltrattar il prete, il quale, subito che desinato si fu, fece citare. Il prete ebbe modo d’aver in compagnia sua sei o sette gentiluomini dei più bravi de la città, suoi amici, e con quelli si presentò al vescovo. Era monsignore in sala passeggiando, che, come vide il prete, con rigido viso gli domandò che prefazio era quello che cantato quella matina aveva. Egli rispose che il prefazio era su ’l messale, e nol credendo il vescovo, mandò un suo prete a San Lorenzo a pigliarlo. Fu portato il messale e dato in mano al vescovo, il quale, aperto il libro, trovò le parole sì ben contrafatte e simili a l’altre che non seppe che dire. Tirato poi da parte don Bassano, volle da lui intender come il fatto stava. Il prete le disse la cosa come era; onde sbigottito il vescovo e dubitando che gli amori suoi con la badessa non si divolgassero, s’accordò con il prete e gli