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Sopportava questo suo infortunio essa duchessa con forte animo, e secondo che ella deveva esser consolata, confortava Giulia a sopportar il tutto in pace e non s’affliggere. Conchiusero poi un giorno tra lor due che non era se non benissimo fatto, che l’Appiano andasse a gran giornate in Ispagna a cercar aita da don Giovanni, con quella meglior via che sapeva, ed assicurarlo che la duchessa era falsamente accusata. Fece la duchessa una lettera di credenza di sua mano a don Giovanni. Montò l’Appiano su le poste, e usata grandissima diligenza, pervenne vicino a la città assediata. Ed intendendo la cosa come stava, si trovò molto di mala voglia, stimando non esser possibile che don Giovanni potesse andar a soccorrer la duchessa. Tuttavia come diligente ed amorevol servidore che era, e che senza fine bramava di poter porger aita a la duchessa, deliberò non si partire se prima non parlava con don Giovanni. Avvenne che s’attaccò una gran scaramuccia tra quelli di fuori con quelli di dentro. Il buon medico, avuto modo di ricuperar, non so come, una rotella, si mise animosamente con la spada ignuda in mano ne la scaramuccia, e tanto innanzi combattendo andò, che da quelli di dentro fu fatto prigione, e disse loro: – Menatemi subito al signor don Giovanni, perchè ho cose di grandissima importanza da communicargli. – Fu incontinente menato a la presenza di don Giovanni, il quale subito il riconobbe per uno di quelli che con la duchessa veduto aveva, e graziosamente lo raccolse. Tiratolo poi da parte, gli domandò che buone novelle aveva de la signora. – Pessime, – disse l’Appiano, – perciò che ella è in periglio grandissimo d’esser arsa vituperosamente, se non le è dato soccorso. – E fattosi da capo, gli narrò il dispiacere che avuto aveva quando in Galizia arrivò il duca con le navi, veggendo non esser possibile attendergli la promessa. Indi gli disse che tutta la speranza, che aveva la duchessa d’esser liberata, era in lui, e che l’assicurava che ella punto di quanto fu accusata non fu colpevole già mai. Pertanto affettuosissimamente pregandolo, lo astringeva che non le volesse in così importante bisogno mancare. E quivi usò il medico tutta l’arte del persuadere che puotè e seppe, a ciò che don Giovanni si movesse a pietà de l’infelice duchessa e volesse disporsi di liberarla. Don Giovanni assai si condolse con l’Appiano de la disgrazia avvenuta a la duchessa, e tanto più se ne dolse quanto che egli si trovava assediato dai suoi nemici, e non era possibile d’abbandonar quella città. L’Appiano, che vedeva che egli diceva il vero, non sapeva che dirsi. Insomma, veggendo che indarno quivi s’affaticava, deliberò di non perder più tempo, ma ritornarsene a Turino.