Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
meglio colorir il suo dissegno, le ordinò certi elettuarii ed altri rimedii. Partito poi e riduttosi a casa, cominciò ad assottigliar l’ingegno e far tra sè infiniti farnetichi e varii discorsi, di maniera che con tutti gli spiriti era a questa impresa intento. Ed avendo fatte diverse chimere e fuor di misura aguzzato l’intelletto, dopo varie astuzie pensate, gli cadde in animo non ci esser la più sicura nè miglior via che andar a San Giacomo di Galizia, sotto nome d’aver fatto voto di visitar personalmente e a piedi le sante reliquie de l’apostolo. Onde l’astuto Appiano, fermatosi in questo pensiero, tornò a visitar la duchessa, e a la presenza de la sua Giulia le manifestò quanto s’era imaginato. Ed a fine che la duchessa avesse onesta e legitima cagione di far così fatto voto, volle l’Appiano che ella fingesse d’esser fortemente inferma, e che in fine paresse che per miracolo di san Giacomo fosse guarita. Piacque a la duchessa la cosa, e tanto più che il gentil fisico le fece intender un bel modo d’ingannar le donne de la camera, che credessero tutte aver veduto visibilmente il santo apostolo apparire a la duchessa. Cominciò adunque essa duchessa mostrarsi tutta svogliata e a fastidire ogni cibo che se le dava, e lamentarsi fieramente de lo stomaco. S’aveva ella fatto certi suffumigii con comino ed altre cose che l’Appiano ordinato aveva, di maniera ch’era divenuta pallidissima. Furono chiamati altri medici a la cura, i quali, come la videro tanto pallida, si sbigottirono, e da l’Appiano informati del caso, che una intemerata a suo modo narrò loro de l’infermità e dei varii accidenti che a la duchessa erano avvenuti, a lui come a più pratico de la natura de l’inferma si rimisero. Egli veggendo il fatto andar come pensato aveva, conferì con quelli alcuni rimedii che intendeva di fare, i' 'quali furono da tutti per ottimi giudicati. Ma mostrando la duchessa di giorno in giorno peggiorare, e non si cibando se non segretamente con cibi sostanzievoli che dava l’Appiano, si sparse per Turino che la duchessa stava in periglio di morte; e questo affermavano gli altri medici, perciò che l’Appiano con l’aiuto di Giulia falsificava di modo l’urine, che mostravano segni di morte. Era suffraganeo de l’arcivescovo de la città di Turino un vescovo, come dir si suole di quei vescovi di quelle città che sono in mano d’infedeli, «vescovo di povertà» o «nulla tenente», uomo semplicissimo e di santa vita. Con questo deliberò la duchessa confessarsi e seco fece una confessione di ser Ciappelletto, dandogli ad intendere che senza dubio si sentiva morire e che a poco a poco si sentiva mancare, pregandolo a far orazione per lei. Il