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la quale era nipote de l’imperadore di Costantinopoli. Era donna Maria assai bella, ma molto più gentile e vertuosa e molto dai popoli di Ragona amata e riverita per i suoi buoni costumi e perchè a tutti, secondo il grado loro e secondo che lo valevano, faceva grate accoglienze, compiacendo loro ne le domande quanto il debito portava. Il re Pietro, per quello che veder si poteva, mostrava averla molto poco cara, e lasciatala quasi per l’ordinario sola nel letto, attendeva a trastullarsi con altre donne. E ben che essa reina potesse assai cose fare nel regno e da’ baroni, cavalieri ed altri fosse molto onorata e da tutti ubidita, e il re cose che ella facesse non rompesse già mai, nondimeno ella in conto alcuno non si contentava e viveva in pessima contentezza, perciò che più volentieri si saria contentata di meno autorità nel maneggio del regno, ed aver le notti nel letto la debita compagnia ed abbracciamenti del re suo marito. Di questa sua mala sodisfazione non si lamentava ella con persona, anzi, se talora alcuno le faceva motto degli amori del re e de le donne con le quali egli teneva pratica, ella, come saggia che era, mostrava non curarsi, ed altro non rispondeva se non che dal re suo marito e signore era benissimo trattata e tenuta cara, e che tutto ciò che da quello si faceva era ben fatto, perciò che egli era padrone e signore di tutto. Erano alcuni dei baroni ai quali molto dispiaceva questo modo di vivere che il re teneva, perchè non avendo egli figliuol nessuno legitimo, pareva loro molto di strano che non curasse di procrear un legitimo erede e successore al suo nobilissimo reame. E di questa trascuraggine del re era nel popolo una grandissima mormorazione, ed ogni dì ci era chi a la reina se ne lamentava. Ella non sapeva che altro dire, se non che ciò che il re voleva, ella anco voleva. Nondimeno le pareva pure che gran cosa fosse che il re sì poco si curasse di lasciar un erede dopo la morte sua. Da l’altra banda, essendo pur ella di carne e d’ossa come l’altre femine sono, le era molto duro a sofferire che il re sì malamente la trattasse, e che più d’alcune altre donne si curasse che di lei, le quali seco non erano da esser parangonate nè di bellezza nè di sangue nè di costumi. E così entrandole nel petto il veleno de la gelosia, cominciò fortemente tra sè a dolersi de la vita che il re menava. Tuttavia non le parendo onesto con altri dolersene, più volte, quanto più modestamente seppe, con il re se ne dolse; ma ella cantava a’ sordi. Il re, nulla curando le vere lamentazioni de la reina, andava dietro al viver suo consueto, ed oggi con questa e dimane con quella de le sue favorite donne si dava buon tempo.