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di continovo, chè oramai ve ne potete facilmente esser avveduta, altra cagione di presente mi ci ha fatto venire. – E così dicendo, le narrò tutto il successo del ragionamento che tra il padre e lui era seguìto. Stette Elena attentissima a quanto il marito aveva detto e conoscendo il parlar di quello esser finito, come quella che con la creanza ed acutezza de l’ingegno passava di gran lunga il picciolo numero degli anni, dopo un pietoso sospiro a questa guisa al marito rispose: – Guai a me, caro consorte mio, se per altri effetti non avessi conosciuto la grandezza de l’amor vostro verso me che per questa dimostrazione che ora mi fate, perciò che con questa penetrevolissima ferita che al presente, non volendo voi ubidire a vostro padre, voi mi date, mi chiudete anco ogni via ch’io possa sperare esser lieta già mai. – In questo da gravi e dolenti singhiozzi rotta la voce, a lagrimare senza sosta allargò il freno. Poi che al fiero dolore le sparse lagrime alquanto di rifrigerio prestarono, ripreso un poco di lena, così, tuttavia amaramente lagrimando, al marito disse: – Deh, cara vita mia, quanto gravemente errato avete a non ubidir prontamente a vostro padre! Ahi misera me e più che tre volte misera se non conosciuta ancora, ancor non veduta, di tanto danno, di tanto disonore e di così acerba doglia al mio onorato suocero son cagione! Non averà egli, come mi conosca, giusta cagione di poco amarmi? non dirà egli che io sia il disconforto e, che più importa, la manifesta rovina de la casa sua? Certo che egli lo potrà ben dire. Vi prego adunque, e il prego mio vaglia mille, se punto m’amate, chè pure io mi persuado esser da voi amata, e se del vostro amore mai debbo veder ferma prova, che per ogni modo vogliate ubidire a vostro padre, e per questi pochi mesi sofferire pazientemente l’allontanarvi dagli occhi miei. Sì che, marito mio caro, andatevene felice, tanto di me ricordevole quanto io sarò di voi, che di continovo col pensiero vi verrò seguendo ovunque anderete, come colei che eternamente vivere e morir vostra desidero. E' 'cessi Iddio che io mai vi sia cagione che sempre con vostro padre non stiate in quella concordia a pace che a tutti dui si conviene! – Furono assai altre parole dette. A la fine Gerardo si lasciò vincere da le vere ragioni de la saggia a prudente giovane, ed a l’ora consueta, dopo molte lagrime, da lei si partì a andò a far sue bisogne. Si pose poi a tavola con il poco consolato suo padre, e dopo che desinato si fu, essendo ciascun altro uscito di sala, Gerardo si levò in piedi e innanzi al padre postosi in genocchioni, a capo scoperto, in questa maniera gli disse: – Magnifico ed onorato padre,