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188 | parte seconda |
ma non mi dando l’animo d’ancidermi col ferro, ed avendo discorso molte spezie di morte, elessi questa del veleno, per la più facile e meno fastidiosa a mandar in esecuzione. Mi pareva poi il moriie non mi dover essere molto noioso, morendo alla presenza di colui, per lo cui rispetto io diveniva di me stessa micidiale. E perchè io non faceva mai altro che farneticare e chimerizzare, m’entrò questo capriccio nel capo, che non era possibile che Camillo fosse mai tanto crudo, che veggendomi giunta a sì estremo fine, non si fosse sforzato d’aiutarmi, ed aver di me compassione. Con questa immaginazione di vederlo pietoso del mio male, io appagava tutte le mie pene, e lietamente me ne moriva. Or via, disse Flaminio, non t’avvezzarpiu a questi scherzi, e non ti lasciar venire in capo questi ghiribizzi; ma se vi nascono, lasciali svaporare, che altrimenti tuia farai male, e non ci saia sempre l’Alicorno apparecchiato. Non
tornar più: che se ci torni, tu pagherai questa e quella; e
panai una pazzerella. Rimase adunque Camillo con la sua Cinzia come di prima, godendosi, e vivendo in pace. Ora tra quelli, che come il fatto fosse non sapevano, furono vari i ragionamenti, parlando così delle forze dell’amore (le quali nel vero sono potentissime, e di meravigliosi effetti fanno) come anco dell’animo deliberato d’una donna innamorata. E chi lodava, e chi biasimava quanto Cinzia aveva fatto: chi ardita, chi pazza e chi temeraria e disperata la diceva, secondo che diversi erano i pareri dei ragionanti; i cui parlari per ora non mi pare dover raccontare, per non esser più lungo di quello che stato mi sia; che dubito pur troppo con tante mie ciance non v’aver fastidito; ma certo io non poteva far di meno, volendovi ragguagliare come l’istoria era successa. E per dar fine al mio favellare, vi dica che io per me sempre desiderai, vivendo il mio sole terrestre, tanto esser amato quanto io amava, e che tale la mia padrona e signora fosse verso me, quale io era verso lei. Ma io non vorrei già abbattermi in simili e disperati animi, com’era quello di Cinzia; imperciocchè se di loro stessi sono volontariamente micidiali, crederei con ragione, che ie più tosto sarebbero degli altri, ogni volta che cadesse loro nell’animo un minimo sospetto di non esser amati. Preghiamo adunque Dio che dacotali donne, più tosto disperale che animose, ci difenda; ed attenda ciascuno, se brama esser amato, ad amare; che io in effetto non trovo miglior incantesimo di questo, ancora che a me poco abbia giovalo. E pure il nostro saggio Dante dice che Amor a nullo amato amar perdona. Se poi così tosto non si vede l’amore ricambiato,