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novella xl. 187

che tu sia mio. Se anco ella non mi recherà profitto alcuno, almeno avrò questa contentezza, morendo, che tu e questi nostri amici avrete toccato con le mani, che io non ho pretermesso veruna cosa a fare, per esser tua o viva o morta. E eli più ti ve’ io dire, che se questo rimedio mi salva la vita, e che tugiàmai mi manchi della promessa che ora fatta m’hai, io a me stesso non mancherò, ed animosamente seguirò la deliberazione dell’animo mio; perchè la Dio mercè, chi del veleno al presente mi ha servita, quando vorrò altrettanto me ne darà. Quel medesimo animo poi e la volontà che adesso spinta m’hanno ad avvelenarmi, sempre saranno pronti a far esso effetto che ora fatto hanno. Ecco adunque che l’acqua beverò: e queste parole dette, si pose il bicchiere lietamente alla bocca, e tutta l’acqua in un sorso mandò giù. Dopo questo, Camillo le disse molte buone parole, ripigliandola con bel modo della commessa follìa, e confortandola per l’avvenire ad esser più saggia, e non si porre più a simili rischi; che se una volta il caso va bene, cento ne vanno di mal in peggio; e così buona pezza ragionò seco, facendole di molti vezzi ed amorevoli carezze. Ora, o fosse la fantasia o il credere fermamente che ella aveva d’essersi avvelenata, o che avesse nello stomaco abbondanza di collere e di flemma, e di altre superfluità, che l’acqua con la polvere dell’Alicorno commovesse (avendone bevuto un gran bicchiere) o che che ne fosse cagione, ella travagliò tutto il giorno, non trovando mai riposo. Si lamentava di continuo di dolor di stomaco e di ventre, e che sentiva che di molte e varie fumosità le ascendevano al capo, che la stordivano. Alla fine due e tre volte vomitando di molte materie flemmatiche e colleriche, ella mirabilmente si purgò lo stomaco. A me chi domandasse, onde questa evacuazione procedesse, crederei ben io che l’acqua, aitata fosse dalla virtù occulta del corno, in parte quelle materie commovesse, massimamente in uno stomaco debole, come ella allora aveva; ma terrei per fermo che 1 indubitata credenza che aveva d’aver inghiottito il veleno, fosse la più potente cagione del tutto. Ed oggidì anco, per quanto io ne intendo, ella si crede, fermissimamente d’essersi attossicata, ma che il rimedio dell’Alicorno l’abbia levata fuor di periglio, non essendo paruto a Camillo manifestarle come la bisogna governata si fosse. Essendo poi domandata il dì seguente essa Cinzia dagli amici che iti erano a visitarla, come fosse stata tanto ardita di volontariamente ber il veleno, ella in cotal maniera rispondendo disse: io per ogni modo deliberata m’era, subito che mi vidi abbandonata da Camillo, non voler più rimaner in vita: