Cinzia; il perchè Mario a quella scrisse che il tal dì l’acqua sarebbe compita, e che mandasse per essa la mattina, che senza fallo l’avrebbe. Avuta Cinzia questa fermezza, scrisse a Camillo che quell’istesso giorno dopo il desinare l’aspettava con gli amici che scritti gli aveva, perciocchè giunto era il tanto da lei desiderato dì, nel quale ella disegnava chiarir tutto il mondo della innocenza sua, e sperava che si conoscerebbe che ella mai non mancò della fede sua. Camillo con Delio, la sera innanzi al giorno che Cinzia doveva mandar per l’acqua, andò a trovar Mario: e presa una piccolissima ampolletta di vetro, quella empirono di acqua di pozzo, e dentro vi posero un poco di polvere di garofano per darle alquanto d’odore. Venuta poi la mattina, mandò Cinzia a prender l’acqua per una sua fante. Mario le scrisse che astretto dalle calde e vive sue preghiere, le mandava l’acqua, la quale nel vero al proprio padre avrebbe negata; e perciò molto strettamente l’astringeva a non manifestar a quel gentiluomo, a cui ella diceva di darla, che da lui avuta l’avesse; e che bene avvertisse che l’acqua non faria nò dolori nè altro nocumento apparente, se non che dopo che bevuta si fosse, in meno d’una o di due ore al più, faria repentinamente morir colui che la beverebbe, e segno alcuno nel corpo non si vedria; e così diede Mario alla servente l’acqua e la lettera. Cinzia, che era in letto, avuta l’ampolletta dell’acqua, quella di maniera ascose sotto il piumaccio, che essendo turata, non si poteva versare. Essendo poi determinata di far l’ultima prova di ricuperar la grazia di Camillo, e non la ricuperando, morire, attendeva la venuta di quello con gli altri invitati alle funebri nozze. Ora approssimandosi l’ora che Camillo doveva arrivar in casa, cominciò Cinzia a sentir per tutte le membra un gelato freddo, con certe passioni di cuore, che pareva le volesse venir quel tremante freddo della febbre quartana. Come poi ella sentì che gl’invitati salirono le scale: o che fosse la forte e grande imaginazione della propinqua morte, o pur la venuta dell’amante, che era vicino ad entrar in camera, o che se ne fosse cagione, se le sparse addosso un sudor freddissimo come ghiaccio: e cominciò a tremare, ne più ne meno come se di gennaio ella fosse stata nuda in mezzo un cortile, e che gelate nevi addosso le nevicassero: e tuttavia le pareva che il cuore nel petto se l’aprisse, sofferendo certi svenimenti troppo entrarono i compagni in camera, e in letto videro Cinzia tremante e piena di sudore, e la salutarono, domandandole come si sentiva. Ella con bassa voce rispose che stava come a Dio ed a Camillo piaceva. Camillo allora le disse: queste sono ciancie,