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aver buona memoria. Ora Giulio, tacendo la balia, tutto di còlera e di sdegno ripieno, voltato verso lei, con un mal viso iratamente le disse: – Io non voglio starmi a disputare e questionar teco di questo che ora falsamente dici, imperciò che nulla mi giovarebbe il negare quello che tu disposta sei d’affermare, o bene o male che tu dica, perchè so non esser sotto le stelle ostinazione maggior di quella d’una tua pari. Dico bene che tu non dici punto il vero. Ed ancora che incredibilmente mi doglia restar con questa macchia appo Delio e Camillo, chè non so quello ch’eglino crederanno di questa tua menzogna, pure mi consola in parte la coscienza mia, sapendomi esser di questo fatto innocente, e spero fermamente in Dio che il tempo, ch’è padre de la verità, il tutto farà manifesto secondo che è, e farà conoscer le tue bugie. – Cinzia diceva il medesimo, tuttavia piangendo. La scelerata balia se ne stava con gli occhi a terra chinati, cangiandosi spesso in viso di colore, nè mai a Giulio nè a Cinzia rispose una minima parola. Camillo, dopo molte parole, a Cinzia disse: – Io te l’ho, Cinzia, detto, ed ora te lo ridico, che tu sei libera e puoi a tuo modo provederti e pigliar chi più ti piacerà, procacciandoti d’altri, chè io voglio esser mio e far di me come voglio, nè teco più vo’ domesticarmi. Ma bene dove potrò giovarti farò così che conoscerai che io son gentiluomo. – Poi che pure disposto sei, – disse Cinzia, – non mi voler più esser quello che per lo passato stato mi sei, io ti prego almeno che tu voglia farmi una grazia, che a te niente fia ed a me sarà di grandissima contentezza. – Domanda, – rispose Camillo, – a ciò che essendo cosa di cui ti possa compiacere, io liberamente te la concedo. – Vorrei, – soggiunse ella, – che fosse tuo piacere di lasciarmi la tua e mia picciola figliuolina e mi promettessi di non levarmela. – Questa farò ben io molto volentieri, – disse Camillo, – e tanto più quanto che mi persuado che io in lei non abbia che fare, non la riputando mia, chè, secondo che ora hai del corpo tuo compiaciuto altrui, posso ancora ragionevolmente credere che altre volte tu abbia fatto il medesimo; sì che ella ti resterà. Orsù, non più ciance, chè troppo dette se ne sono. Io ti lascio, nè voglio a patto veruno che si dica che tu sia più mia. Statti con Dio e attendi a darti piacere. – E con questo lasciatala, tutti se ne partirono. La misera e sconsolata giovane, assalita da soverchio dolore, così da quello fu vinta che tramortì, ed ogni segno di vita in lei si spense. La vecchia madre, veggendo la figliuola a sì mal viaggio e termine ridotta, cominciò amaramente piangendo a gridare: – Oimè, misera me, che Cinzia è morta! – Il