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ad intendere a chi questa cosa saperà, che con giusta cagione mosso ti sei. Ora Iddio te la perdoni. Tu potevi bene per altra via conseguir l’intento tuo e non mi far cotesto disonore, non l’avendo io meritato. Tu eri in tua libertà e potevi molto bene, ogni volta che ti piaceva, lasciarmi e dirmi: – Cinzia, io non voglio più conversar teco, perchè la tua pratica non fa più per me. – Non sapevi tu che io non poteva sforzarti ad amarmi a mal tuo grado nè contra tua voglia? Ma a te non è bastato non voler esser più mio, chè m’hai voluto infamare e farmi tener una trista, dove a fè di Dio non sono, perciò che dopoi che io divenni tua, mai non ti ho mancato o fatto torto. Nè solamente questo t’affermo, ma di più ti dico che pensiero di mancarti non ebbi già mai. E se tu o altri m’avete veduta domestica con Giulio e talora scherzevolmente insieme giocare e motteggiarsi l’un l’altro, non si è per questo potuto vedere, nè comprender cosa meno che onesta e che tra amici non s’usi. Ma, per mia fè, chi me l’ha posto in grazia più di te, che tante volte lodato e predicato me l’hai, affermandomi sempre che il più leale e il più dabbene di lui non avevi mai provato nè sperimentato? Ora io che il primo giorno che divenni tua feci pensiero che in me più non fosse voler alcuno se non quello che tu volevi, conoscendo quanto l’amavi, quanto caro tenevi e desideravi che da me fosse festeggiato, per compiacerti, ed anco perchè vidi che ei lo valeva, me gli feci domestica, ma sempre come con mio fratello. E tanto più volentieri praticava da ogni tempo seco, quanto che io lo trovava tutto tuo, e chiaramente comprendeva che molto più t’ama che i fratelli suoi proprii; ma sia con Dio! In tanto infinito cordoglio in quanto mi trovo, ho pur questo solo poco di conforto, se in tanto mio male cader può sollevamento alcuno: tu con ragione mai non potrai di me dolerti, ma bene potrò io con giusta ragione di te dolermi e querelarmi. – Io non ti mancherò, – diceva Camillo, – di tutto quello che potrò sovvenirti, come per effetto proverai; ma più non voglio che tra noi sia pratica d’amore, essendo ormai tempo ch’io attenda a’ casi miei. Or via, noi siamo qui per confrontar Giulio con la balia e dar fine a questa odiosa pratica. – Venne la balia, ed assicurata che dicesse il vero perchè non le saria fatto nocumento alcuno, narrò con voce bassa ed interrotte parole tutta la finta favola che prima a Camillo narrata aveva, ma non così ordinatamente come a lui disse. E certo egli è una gran cosa a saper sì ben colorir la menzogna che abbia faccia di verità, e ad un modo sempre narrarla. Per questo si dice che bisogna a un bugiardo