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che tenga detto che vuole essermi amico com’era, io non so, secondo che detto gli hai, quanto questo sia possibile. A me pare, ed il parer mio è su la ragione fondato, che sempre che gli sovverrà di questa cosa, e sovverragliene ogni ora, che mai non mi guarderà con dritto occhio, e pensando che io l’abbia assassinato, averà di continovo questo umore su lo stomaco, che mai riposar non lo permetterà, anzi, se prestamente non si purga, anderà di dì in dì facendosi maggiore. Vorrei adunque pregarti che tu prendessi questo carico di riparlargli e indurlo per ogni modo a volersi far chiaro del fatto com’è, e non voler prestar tanta fede ad una sfacciataccia puttana. – Promise Delio di far ogn’opera a lui possibile, ma che gli pareva buono di star ancora tre o quattro giorni, a fine che, cessate quelle prime passioni, ritrovasse Camillo più atto che prima a lasciarsi persuadere il vero. Piacque a Giulio il parer di Delio, e dopo, finiti i lor parlari, andarono ciascuno a far quello che più gli piacque. Il seguente giorno fu astretto da alcuni gentiluomini Camillo andar a trovar Cinzia, e seco ebbe assai lungo ragionamento circa di questa pratica. Ella che era innocente e a cui troppo altamente rincresceva, senza sua colpa, di perder il suo caro padrone, de l’innocenzia sua fece quegli scongiuri che ella seppe i maggiori, e sempre, ragionando, di calde ed amare lagrime il volto si rigava. Camillo in questo ragionamento la risolse che d’altro uomo si provedesse e che dove ei potesse farle piacere, che di buon core sempre lo farebbe, pur che seco non avesse più pratica d’amore. E con questa determinazione da quella prese congedo e se ne tornò a casa. Parlò Delio seco due e tre volte, nè altro mai puotè da lui cavare, se non che voleva esser amico di Giulio: che se aveva animo d’affrontarsi con la balia, che la farebbe venir in parangone. Ora quali fossero i pensieri di Cinzia, quali le sparse lagrime, quali le dolenti parole, quali le vigilate notti, quali i digiunati giorni e quali e quanti gli ardentissimi sospiri, chi ad uno ad uno raccontar volesse, averebbe troppo che fare, e così di leggero non ne verrebbe a capo. La misera giovane, perdutone il sonno e non si cibando, venne pallidissima, magra, e pareva una fantasima, nè altro sapeva fare che piangere e miseramente lamentarsi, e di tal maniera era il suo dirotto pianto che averia mosso a pietà una tigre ircana. Medesimamente Camillo, ancora che si sforzasse di voler mostrare che questa cosa non gli dolesse, nondimeno ei si vedeva, cangiato il nativo colore del viso, esser afflitto e pallido e quasi di continovo pieno d’ardentissimi sospiri che facevano fede de l’interna