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e che voi più d’una volta, se v’occorreva quindi partire, il pregavate ch’egli rimanesse con Cinzia, non ci metteva mente. Ma parendomi iersera aver veduto non so che, che non mi piaceva, e udite certe parole che egli a Cinzia disse, che non erano, a dir il vero, nè belle nè buone, mi cadde ne l’animo quello che poi ho trovato col effetto esser così, cioè che Cinzia, quando n’ha l’agio, si prenda con Giulio amoroso giacere e del corpo gli compiaccia. Io vi so dire, padrone, che ancora mi veggiate giovine, ch’io so come la va, e non posso così di leggero esser ingannata. Basta che volendomi io chiarire del vero, e, come si dice, trovar la gallina su l’ovo, finsi andarmene a letto; e stata alquanto, me ne venni poi fuori chetamente e me n’andai così tentone, a piedi scalzi, a l’uscio de la camera ove Cinzia dorme, e trovai bene che era chiuso, ma non già fermato col chiavistello: onde tanto destramente un poco lo spinsi che non fui sentita, e chiaro m’avvidi, ancora che avessero il lume, che la notte in camera arde, posto di dietro a le cortine, ch’eglino erano sovra il letto trastullandosi amorosamente insieme. Del che il romor del letto e le mózze parole con gli interrotti sospiri indizio manifestissimo ne davano. Io vi dimorai buona pezza e sentii pur alcune parolette amorose che in quei piaceri usavano, e i replicati baci si facevano pur udire, con molte altre cosette che, come sapete, si costumano in simili casi di fare. Ora parendomi in effetto esser chiara in quello che facevano, me ne ritornai con silenzio a la mia camera. Fingendo poi che la lucerna, che per bisogni de la figliuola tengo di continovo la notte allumata, si fosse spenta, uscii di camera facendo strepito con i piedi e me n’andai a la camera di Cinzia, ove trovai che l’uscio era stato aperto e il lume rimesso al suo luogo, ed eglino erano sovra il letto postisi a sedere, che, disseguale e disconcio, dava segno di ciò che su v’era fatto. E, riacceso il mio lume, me ne tornai in camera. Sallo Dio quanto poco questa notte ho dormito, e quanto mi duole e mi rincresce d’avervi a dar simili nove, perchè io amava e riveriva Giulio per vostro conto. Ma io vi son troppo tenuta e non debbo mancare d’avvisarvi quello che a l’onor vostro appartiene. Bene vi prego a tenermi celata, per i molti rispetti che potete imaginarvi, a ciò che Giulio non facesse farmi dispiacere. – Nè contenta la scelerata balia di questo tradimento, per meglio incarnar il suo falso dissegno, narrò a molti questa favola, a ciò che per altra bocca a l’orecchie di Camillo fosse rapportata; e successele troppo bene, imperò che la madre, fratelli ed altri propinqui di Camillo lo garrirono troppo agramente di questa cosa,