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Vetronio Turino appo d’Alessandro Severo imperador romano, il cui vizio, poi che fu scoperto e per astuzia d’esso Alessandro trovato più che vero, ebbe questo castigo che meritava, perciò che fu data la sentenza che Turino fosse legato ad un gran palo nel mezzo de la piazza e a torno al palo fosse di sarmenti e virgulti verdi acceso il fuoco, che rendesse oscurissimo e lento fumo che a poco a poco il misero Turino suffocasse. E mentre in tal tormento lo sfortunato stette, altro non fece mai un sergente di corte che gridare: – Col fumo Turino si fa morire, perchè il fumo ha venduto. – Onde in questo modo il vano e fumoso Turino di fumo morì. Se così a’ nostri tempi si facesse, sarebbero le corti in più stima che non sono, ed oltra il vender del fumo, che tanto non s’useria, non sarebbero i cortegiani sì facili a vender menzogne nè diverriano simil ai cani, mordendo e lacerando l’un l’altro, perciò che quando hanno l’orecchia del signore, vi so dire che cantano di bello, cicalando mal di questi e di quelli che per avventura sono megliori di loro. Ma l’invidia così gli agghiaccia che non ponno sofferire di veder uno che più di loro vaglia, dubitando che questo tale non entri in grazia del prence ed egli cada di grado. Se per sorte poi vedono il signore esser ingannato o in errore di qual si sia cosa, pur che il fatto non tocchi loro, non crediate che cerchino di sgannarlo: tutti vanno dietro a la voglia del padrone, avvengane o bene o male. E di questo n’è cagione la dapocaggine di molti che non hanno ardir di dir il vero; anzi se il signor dice sì, essi l’affermano, se dice no, eglino cantano il medesimo tuono, non avendo riguardo se cade ben o male ciò che dicono. Non voglio poi parlar di quei falconi da cucina, che per altro ne le corti non si riparano se non per seder a le ricche e grasse mense dei signori, non essendo buoni a far cosa alcuna, se non divorar ciò che ai prodi cavalieri e più vertuosi di loro si converrebbe. Almeno fossero per buffoni e parasiti nomati e non s’arrogassero nome di gentiluomo, facendo così poco onore a la civiltà e gentilezza. E quantunque tutti quelli che sotto lo stendardo de la cortegianeria voglion esser posti e poi da veri cortegiani non vivono, debbiano senza fine esser biasimati e la conversazion loro da tutti i buoni fuggita, nondimeno altrettanto biasimo mi pare che mertino i lor signori, che di tal maniera vivono che non vogliono che la verità si dica, anzi tengono coloro per belli e buoni che mai non gli contradicono. Questi tali poi son quelli che il tutto consegliano e dispongono con le lor aperte e false adulazioni, onde è nasciuto quel motto che alcuni usano dire: che «