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io mancar di quanto v’ho promesso, vi giuro per quella fede che a Dio e a voi debbo, che io, giunto a casa, domandai Aelips in camera mia e le esposi la volontà vostra, essortandola a disporsi a compiacervi. Ma ella risolutissimamente, dopo molti ragionamenti fatti, m’ha risposto che prima è deliberata morire che mai cosa alcuna disonesta commettere. Nè altro n’ho io potuto cavare. Sapete che vi dissi che pregar la poteva, ma non già sforzarla; onde avendo essequito ciò che da voi imposto mi fu ed io m’ubligai di fare, come veramente ho fatto, con vostra buona grazia me n’anderò a far alcune mie bisogne a le mie castella. – Il re, concedendogli che se n’andasse, restò tutto fuor di sè, varie cose ne la mente ravvolgendo. Partì il conte di corte e il giorno seguente con i figliuoli suoi maschi se n’andò al suo contado, lasciando in Londra con parte de la famiglia la moglie e la figliuola. Egli si pensò senza venir in disgrazia del re, se possibil era, di questa pratica svilupparsi. La figliuola via condurre non volle per non sdegnar più il re di quello che era, ed anco a ciò che egli conoscesse che quella lasciava a sua discrezione, tenendo perciò per fermo che da lui non se le devesse usar violenza alcuna. Oltra questo, molto si confidava ne l’onestà e grandezza d’animo de la figliuola, la quale egli pensava che sì bene si saperebbe schermire, che con onore di tanto travaglio uscirebbe. Il re da l’altra parte non prima seppe il conte esser di Londra uscito ed aver Aelips lasciata, che tutto il fatto com’era s’imaginò; del che in tanta disperazione di questo suo amor venne, che ne fu per impazzire. Tutte le notti, ai giorni uguali, senza mai prender verun riposo conduceva; niente o poco mangiava, mai non rideva, sempre sospirava, e quanto gli era possibile, a la compagnia se stesso involando e solo in camera chiudendosi, ad altro mai non aveva l’animo che a la fierissima rigidezza de la sua donna, nomando la salda e costante onestà, rigidezza. Così fatta vita vivendo, cominciò a dar l’udienze per interprete, che prima tre volte la settimana publicamente a’ suoi sudditi soleva dare. E certo una de le lodevoli parti che abbia ogni vero prencipe, è esser facile ad udir le querele e supplicazioni dei suoi e intender ciò che si fa nel suo dominio. Nè si deve fidare così assolutamente nei suoi ministri, perciò che spesse fiate commettono molti errori e di grandissime ingiustizie, che se il signor fosse curioso di intender di che maniera lo stato suo si governa e che azioni son quelle dei rettori, essi governarebbero molto meglio e si guarderiano di commetter cosa che potesse esser ripresa. Il re adunque