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Boemia venuto in soccorso di Filippo, e molti baroni che lungo sarebbe a nome per nome raccontare vi morirono. Assai anco vi s’accrebbe d’onore per la presa di Cales e d’infinite altre imprese che fatte avete. Ma io vi dico, sire, che molto maggiore e più glorioso trionfo conseguirete vincendo voi medesimo, perciò che questa è la vera vittoria e che più d’onore apporta. Poco valse al magno Alessandro aver vinto tante provincie e debellati cotanti esserciti, e poi lasciarsi vincere e soggiogare da le proprie sue passioni; il che minore assai di Filippo suo padre lo fece, che a par del figliuolo tanti regni acquistati non aveva. Sì che, signor mio, vincete questo folle appetito e non vogliate con così disonesto atto ciò che gloriosamente acquistato avete perdere, e sì brutta macchia porre ne la limpidezza de la gloria vostra. Non crediate già che io tanto ve ne dica perchè non voglia quanto promesso v’ho d’essequire, chè intendo pienamente di farlo; ma de l’onor vostro assai più geloso essendo divenuto che voi non sète nè del vostro nè del mio, quello vi avviso e vi ricordo che mi par esser profittevole ed onore di voi. E se a voi stesso di voi non cale, a cui per Dio ne deverà calere? chi prenderà cura dei casi, vostri se voi di quelli e di voi medesimo cura non pigliate? Ma s’ingegno averete come io so che avete, da voi si penserà che un breve, disonesto e fuggitivo piacere con una donna per forza preso, può molto poco di gioia recare, che forse infinito danno apportarebbe. Da voi per me e per i miei figliuoli nè robe nè stato nè altro util voglio se non quanto la mia e loro servitù aver meritevolmente deve. Per questo tenetevi lo scritto vostro e datelo ad altri che,' 'pure che abbiano danari e gradi, non curano come si vengano. Io, per quanto potrò, non voglio mai che nè a me nè ai miei figliuoli nè ai miei discendenti sia gettata in occhio cosa alcuna che possa con ragione farci arrossire e mutar in viso di colore, chè ben sapete come si scherniscono e si mostrano a dito alcuni che da’ regi passati, per disonesti ufficii che fatto hanno, sono divenuti ricchi e grandi, che prima erano di bassa condizione ed ignobilissimi. Sovvengavi, sire, che non è molto che voi ad uno di costoro in faccia propria, essendo con l’essercito contra gli scocesi, rimproveraste che per esser stato ruffiano di vostro padre era di barbiero stato fatto conte, e che lo fareste ancora, se non cangiava vezzi, tornar a la barberia al suo antico mestiero. E con questo, sire, sarà il fine del mio lungo parlare, chiedendovi umilmente perdono se cosa ho detta che non vi piaccia, e supplicandovi il