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e atto di pessimo e crudelissimo tiranno. Ahi, sire, togliavi Dio simil pensier di capo, perciò che come voi cominciarete per vano appetito di libidine sforzar le donne dei sudditi vostri, questa isola non sarà più regno, ma si potrà veritevolmente chiamare un fiero bosco di ladroni e assassini;' 'chè dove non è giustizia, che cosa bella o buona si potrà dire che ci sia? Se voi potete con lusinghe, con promesse e con doni persuader a mia figliuola che pieghevole ai vostri appetiti si renda, io di lei mi potrò ben dolere come di giovine poco continente e non ricordevole de l’onestà dei suoi maggiori; ma di voi non saperò altro che dire se non che fatto avete come communemente gli uomini fanno, i quali tante donne cercano d’aver al piacer loro quante ponno, ond’ella resterà con vergogna, che per l’ordinario a simil impudiche donne rimane. Ora che poi mi dichiate che una donna abbia tanto imperio sovra voi quanto mi dite che Aelips v’ha, io creder non lo posso; ma son parole che ogni amante costuma dire per mostrar che ferventemente ama. Ma pensate un poco come questo sia convenevole: egli è pur fuor d’ogni convenevolezza e ragione che chi deve esser suddito sia superiore, ed ubidisca chi deve comandare. Questa, sire, è la costanza, questa è la fortezza, questo è il valor de l’animo e la sicurezza che i popoli d’Inghilterra da voi aspettar ponno, e viver con la mente riposata d’aver un valoroso e magnanimo re? Io dubito assai che la prudenza, la giustizia, la liberalità, l’umana e sì cortese cortesia, l’antivedere i futuri casi e provedergli, e quella indefessa e continova sollecitudine, con le quali quando eravamo nel paese de la Piccardia l’essercito vostro con tanta concordia governavate, che essendo di varie e diverse genti raunato, mai non vi fu una minima discordia, non siano più in voi; nè vi siano più quelle astuzie militari, che tanto onore già vi fecero e tanto profitto quanto si sa vi recarono. E che del tutto il peggio mi pare, è che voi conoscete l’error vostro e di bocca propria lo confessate, e nondimeno emendarlo non volete, anzi al fallo e peccato che è in voi andate ricercando di por un velo ed una apparenza d’onestà, e ritrovarla non sapete. Io, sire, amorevolmente vi ricordo che grandissima gloria acquistaste vincendo il re Filippo in mare, e tanta e sì numerosa sua armata, che quattrocento vele aveva, rompendo e dissipando, e mettendo l’assedio sugli occhi suoi a Tornai, città sì famosa, i cui popoli furono già di tanta stima e chiamati anticamente Nervii. Nè minor gloria vi fu vincendolo a Creci presso di Abenilla, ove dal canto di Francia morì il re di