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ove potrò io per soccorso ricorrere? se la mano che sanar mi deverebbe è quella che m’impiaga, chi fia che compenso mi doni e la medicina su vi ponga? Perciò se di voi mi doglio e se di dolermi e di mandar le pietose voci sino al cielo giusta cagione mi date, giudicatelo voi, mettendo alquanto da parte il concupiscibil appetito e risguardando in viso la ragione, chè altro giudice che ’l vostro invitto e valoroso animo non ricerco. Da l’altro canto poi ho io grandissima meraviglia de’ casi vostri, pensando a le cose da voi dette, e tanto ne l’ho maggiore quanto che un altro forse non averebbe, perchè mi par meglio da la vostra fanciullezza insino a questi dì aver i vostri costumi conosciuti che alcun altro, e non essendomi paruto già mai che voi siate stato a’ piaceri amorosi soggetto, ma di continovo ne l’arme ed altri essercizii occupato, che ora siate d’Amore divenuto prigioniero, tanto nuovo e così strano mi pare che io non so quello che me ne dica. E se a me di ciò cadesse il ripigliarvene, io vi direi cose che vi farebbero uscir di voi; ma io lascio che il vostro pensiero ve le ponga innanzi. Sovvengavi, sire, ciò che essendo ancor giovinetto voi feste patir a Rugiero di Montemer, che la reina Isabella vostra madre e sorella di Carlo bello re di Francia governava; che non contento de la crudelissima morte che a lui fu data, essa vostra madre anco feste miseramente in prigione morire, e Dio sa se le sospizioni che di loro s’ebbero furono con fondamento. Perdonatemi, sire, se io tanto innanzi parlo, e considerate meglio i casi vostri. Non pensate voi che voi sète ancor armato ed in grandissime cure e sollecitudini involto, per l’apparecchio grande che fa il re di Francia per mare e per terra per vedere se egli potrà rendervi il contracambio de la sempre memoranda vettoria che de le sue genti, in mare e in Francia combattendo, Iddio v’ha donato? Ed ora che sète di giorno in giorno per passar il mare e prevenendo il nemico vostro assicurar le terre vostre de l’Aquitania, avete al lusinghevole amore dato luogo? voi a le fiamme nocive de l’amore avete aperto il petto e permettete che l’ossa e le midolle a poco a poco vi consumino? Ma dove è, signor mio, l’altezza del vostro sì chiaro, sottile e vertuoso ingegno? ov’è la cortesia, la magnanimità, con tante altre vostre doti che, aggiunte al valor vostro, ai nemici formidabile e spaventevole, agli amici amabile e ai soggetti riguardevole vi rendevano? Ciò poi che mi diceste ultimamente di voler fare se mia figliuola non vi compiace, non dirò io già mai che sia un atto di valoroso e vero re, ma ben potrò liberamente affermare esser viltà d’un pusillanimo e libidinoso uomo