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ne truova; fece egli tanto, e tanto ne investigò che poche volte Aelips di casa usciva che il quando e il luogo ove ella andava ei non sapesse; onde e tre e quattro volte giva ad incontrarla, pascendo almeno gli occhi de la suave e vaga vista di lei. Ella, come s’è detto, vestiva panni grossi, e, lasciati i soliti abbigliamenti, più de la monaca teneva che di donna secolare. Ma già la piaga era nel petto del re tanto a dentro profondata, che per allentare che la donna facesse, nulla di profitto al re si recava, perciò che, come veramente il nostro gentilissimo Petrarca dice,


piaga per allentar d’arco non scema.


Poi tanta era la nativa bellezza di Aelips che se bene si fosse vestita il più ruvido panno e vile del mondo, ella sempre bellissima si vedeva. Veggendo adunque il re che tanto far non poteva che ella volesse de l’amor di lui prender pietà, più volte dal suo fidato cameriero le fece parlare, promettendole tutto quello che ella sapesse a bocca chiedere, e facendole usar quelle amorevoli parole che in simili ambasciate si costumano dire. Ma ella, che nel casto suo proponimento era saldamente fermata, quelle medesime risposte diede al cameriero che al re, essendo a Salberì, date aveva. Puotè il cameriero tanto dire quanto volle, ed usar quanta mai' 'eloquenza ed arte di parlar avesse Demostene o Cicerone, che niuna buona risposta cavar ne puotè. E poi che il re questa durezza, che pur troppo ruvida gli sembrava, intese, ancor che infinita doglia ne sentisse, non pertanto restò egli che tre e quattro altre fiate non tentasse l’animo de la donna; ma il tutto fu opera gettata via, con ciò sia cosa che ella seco aveva deliberato prima morire che perder la sua onestà. Ora poi che vide il re che cosa ch’egli si facesse niente di profitto gli recava, anzi di giorno in giorno andava di mal in peggio, dubitò forte che il padre di lei fosse di cotanta durezza cagione, chè creder non poteva che in cor d’una donna giovane, tanta e sì fiera rigidezza albergar potesse già mai, se da alcuna persona d’autorità non era nodrita e conservata con assidui fomenti. Questa credenza era al re d’infinita malinconia e di supremo dispiacer cagione, perciò che una gran giustizia a chi ama è grave offesa; onde dopo varii pensieri e discorsi che tra sè fece, deliberando riserbar la forza da sezzo, entrò in openione, essendo da la concupiscenza accecato, al padre di lei liberamente parlare e con promesse, lusinghe ed accrescimento de lo stato tanto dir e fare, che per mezzo di quello divenisse de la figliuola possessore. Ecco a che cecità e a che enorme errore induce l’uomo, che da lui ingombrato si ritruova, questo concupiscibile e mal regolato amore,