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Andrea Borgo, il quale m’ha promesso farmene aver degli altri. – La reina udito questo, mezzo sorridendo prese la carta e, lette le rime, il senso de le quali ella ottimamente apprese, pensò che messer Filippo fosse stato il compositor di quelle e che a posta per lei le avesse fatte. Onde levatosi da l’animo ogni velame di dubitazione, tra sè conchiuse e tenne per certo sè esser quella che messer Filippo ardentemente amasse, e tanto più in questa sua openione si confermò e tennela vera quanto che sotto le rime erano queste poche parole: – A tale e da tale a chi si conviene. – E considerata la grandezza de l’animo del giovine, incolpò la natura che in uomo bassamente nato avesse sparso seme che così generoso ed alto core avesse fruttato, e molto il giovine tra sè ne lodò. Indi conferito il tutto con sua cognata la reina Maria, che è savia ed avvenente donna, e sovra questo amore fatti varii discorsi e sempre da più tenendone il giovine, deliberò essa reina Anna, quando onestamente potesse, dare a messer Filippo, di questo suo così alto e nobile amore, onesto e convenevole guiderdone. E mentre che ella era intenta a ciò aspettando che qualche occasione se le parasse dinanzi, quando vedeva messer Filippo, tutti quei favori e grate accoglienze gli faceva che da valorosa ed onestissima reina debbia ciascun gentiluomo e vero amante che de la ragione s’appaghi aspettare, e tanto più dove fosse tanta diseguaglianza de le parti come qui era. Del che esso messer Filippo viveva il più contento uomo del mondo, nè più oltre di quello che aveva osava sperare, continuando la solita vita e pascendosi de l’amata vista. E così andò la bisogna che molti cortegiani gli portavano invidia grandissima veggendolo di tal maniera favorir da madama la reina; più oltra però nessuno pensando, ma imaginandosi ciascuno che madama tanti favori gli facesse perciò che egli era giovine vertuoso e scienziato, e quella era per il continovo avvezza agli uomini, che per lettere o per altra dote d’ingegno erano bene qualificati ed il valevano, a far onore e carezze assai, e quelli, ove l’occasione occorreva, favorire ed onestamente guiderdonare. Avvenne in quei dì che Massimigliano Cesare passò a l’altra vita, ritrovandosi Carlo suo nipote esser in Ispagna. Per la morte d’esso Massimigliano deliberò il signor Andrea Borgo mandar un suo uomo al re Carlo per ottener da quello la confermazione di quanto aveva per la sua lunga e fedel servitù e per la liberalità di Massimigliano acquistato. E fatta elezione di mandarvi messer Filippo, per averlo egli più volte conosciuto uomo avveduto e pratico per cotal maneggio, se n’andò a far la debita riverenza a le signore reine, e