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era di veder la reina. Quivi come madonna Paola lo vide, perciò che domesticamente lo conosceva, se gli avvicinò e gli disse: – Caro messer Filippo, perciò che madama la reina molto si diletta di apparare la lingua nostra e di già v’ha fatto assai buon principio, chè come potete aver sentito, ella ne parla assai, questa matina levandosi ella m’ha caldamente imposto che io le ritrovi qualche bella rima toscana; che oltra quei libri in lingua italiana stampati che ci sono, ella vederia volentieri qualche bella cosa di quelle persone dotte che ai nostri tempi compongono, e massimamente averebbe caro veder de le belle rime, de le quali io so che voi ve ne dilettate e penso ne debbiate aver copia. Pertanto m’è parso ricorrermi a voi e strettamente pregarvi che voi vogliate far parte de le belle rime che avete a essa madama, perchè le ne farete cosa molto grata ed accetta, ed io ve ne resterò per sempre obligatissima, oltra che a quella farò sapere, quando a lei le presenterò, che io da voi le averò avute. Il che, amando essa reina la nazion nostra come ella fa, chè ci vuol gran bene e molto ci favorisce, non potrà se non qualche occasione esservi di profitto. – Messer Filippo come seppe il meglio ringraziò la donna e sì le disse: che egli poche cose in Ispruc aveva di quelle che ella ricercava, ma che portava ben ferma credenza di ritrovarne pur assai appo quei gentiluomini che a la corte seguivano, e che ci userebbe ogni diligenza per ricuperarne più che fosse possibile; ma che fra questo mezzo le daria quelle poche che aveva e che quella sera medesima le recheria. E pregandola che lo tenesse in buona grazia di madama la reina, si accommiatò da lei e andossene diritto a l’albergo ove era alloggiato e quivi cominciò con diligenza a rivolger le sue scritture. Egli era tutto pieno d’allegrezza per cotal occasione. Ora egli tra le sue carte altre rime che a quello paressero degne d’andar in mano di tanta donna non ritrovò se non una terza rima o capitolo, come dir vogliamo, che aveva composto il molto gentil e vertuoso dottore di leggi e poeta eccellente messer Niccolò Amanio da Crema, il quale tutti devete mentre visse aver conosciuto o almeno per fama sentito ricordare, il quale ne le composizioni de le rime volgari fu in esprimer gli affetti amorosi a questa nostra età senza pare. E perchè questo capitolo de l’Amanio era tanto a proposito di messer Filippo e del suo amore quanto si possa desiderare, egli che bellissimo scrittore era, in un foglio politamente lo trascrisse. Diceva adunque così: