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pensava. Passarono in questo alcuni dì, sempre egli di lei più infiammandosi quanto più chiusamente ardeva più accendendosi. Eravamo un giorno alcuni di noi italiani innanzi a la camera e la reina Anna, che quivi avevano accompagnata madonna Barbara moglie di messer Pietro Martire Stampa, che con due sue figliuole era ita a far riverenza a le due reine, che insieme erano. Quivi era ancora messer Filippo, col quale il Borgo ed io di varie cose ragionavamo. Nè guari avevamo favellato quando le reine amendue uscirono di camera; il che fu cagione che tutti quei signori e gentiluomini che la venuta di quelle attendevano, si levarono da sedere e col capo scoperto aspettavano riverentemente dove amendue le reine volessero inviarsi. La reina Anna in questo si spiccò da la reina Maria e dritto venne ove erano gli italiani ed umanissimamente a molti dei nostri gentiluomini domandò il nome e la patria loro, di modo che pervenne ove noi tre eravamo ragionando. Quivi con bel modo richiese prima messer Girolamo che le dicesse il nome, la patria e se era gentiluomo. Al che egli disse con ogni riverenza che nome aveva Girolamo Borgo, gentiluomo di Verona. Io altresì da quella domandato con la medesima domanda, quanto più modestamente seppi le risposi ch’io era gentiluomo nato di antica stirpe di Milano e che tutti mi chiamavano Filippo Baldo. Avuta la mia risposta, ella con allegro e quasi ridente viso, cortese e leggiadramente a messer Filippo rivolta, lo richiese che come noi il nome suo, la patria e se egli era gentiluomo le facesse manifesto. A cui messer Filippo dopo il debito inchino riverentemente così rispose: – Madama, signora e padrona mia, ciascuno che mi conosce mi domanda Filippo dei Nicuoli cremonese, e son gentiluomo. – La reina che a nessuno degli altri da lei domandati non aveva cosa alcuna detta, a messer Filippo rispose in questo modo: – Voi ben dite il vero che sète gentiluomo, e chi volesse il contrario dire egli dimostreria assai apertamente aver poco giudicio. – Nè più disse, ma insieme con la reina Maria quindi uscita, ne andò a la chiesa. Tutti quelli che le parole de la reina udirono, restarono pieni d’una infinita ammirazione non sapendo imaginarsi ciò che si fosse, e ugualmente fu da tutti giudicato la reina aver a messer Filippo fatto un favore singolarissimo. Egli, come era il suo consueto, pieno d’infiniti e varii pensieri andò a la chiesa e nel solito luogo si pose, rivolgendo tuttavia le parole de la reina che ella dette gli aveva, tra sè. E ancora che non potesse discernere a che fine tanta e così onorata reina gli avesse simili parole risposte, nondimeno a lui