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due reine dentro il palazzo del re Massimigliano eletto imperadore, il quale è tanto vicino a la chiesa maggiore che senza esser dal popolo vedute potevano a lor bel grado, per via d’una coperta galleria che congiunge il palazzo con la chiesa, andar ad udir le messe ed altri divini uffici che in quella celebrar si costumano. E così quasi ogni dì insiememente con le lor damigelle ed altri signori e gentiluomini de la corte le reine v’andavano. Medesimamente era stato fabricato dentro la chiesa un alquanto elevato e magnificamente apparato tribunale, ove di brigata agiatamente tutte capevano. Ora avvenne che messer Filippo di Nicuoli cremonese, che in quei dì per la recuperazione del ducato di Milano fatta da’ francesi s’era di Lombardia partito, si trasferì in Ispruc e s’acconciò per segretario col signor Andrea Borgo, perciò che era giovine assai dottrinato e bellissimo scrittore e uomo intromettente ed avvenevole. Questo, molto frequentando la detta chiesa tutto il dì, e veggendo la reina Anna sovra tutte l’altre donne che alora tra’ tedeschi fossero bellissima e di leggiadri e signorili costumi ornata, non accorgendosi, riguardandola, de l’amoroso veleno che egli con gli occhi beveva, credendosi al suo piacer sodisfare mirandola ed intentamente considerandola, se stesso fuor d’ogni convenevolezza miseramente impacciò, di lei ardentissimamente innamorandosi; perciò che tanto e sì fieramente s’accese che prima si sentì più in poter d’altrui essere che punto s’accorgesse de la perdita di se stesso e de la propria libertà. E ancor che avesse riguardo a l’altezza ed eccellenza dì tanta donna ed al basso grado del legnaggio ove egli era nato e che considerasse la fortuna dove in quel tempo viveva, nondimeno tanto non seppe fare che egli non si trovasse in tutto aperto il petto a le perigliose fiamme d’amore, e quelle in tal maniera dentro vi ricevve che già avevano tanto in alto profondate le radici e quelle di modo abbarbicate che non v’era pur via di poterle quindi più diradicare. Essendo adunque messer Filippo di questa sorte che udita avete da’ lacci d’amore annodato e giudicando ogni opera che facesse per disciogliersi esser gettata via, si dispose con tutto il core e con ogni sollecitudine e diligenza questa così alta ed onorata impresa, avvenissene ciò che si volesse, sempre seguitare. Il che con effetto cominciò, imperciò che ogni volta che le reine erano agli officii divini egli medesimamente ci andava, e fatto loro la convenevole riverenza a loro dirimpetto si metteva, e quivi la bellezza de la sua reina vagheggiando, più di giorno in giorno