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so io come poi il fatto si mutasse. Che Dio perdoni a chi di cotal baratto fu cagione! Voi, signor mio, ed io siamo di convenevol età per esser congiunti insieme. Il perchè assai meglio ci saremmo accoppiati tutti dui insieme che io non faccio col marchese. E tanto più fòra stata la vita mia lieta e contenta avendovi voi per marito e signore, che ora non è, quanto che io prima amai voi che il marchese, essendomi stata data speranza che io deveva divenir vostra e voi mio. E per dirvi il vero io sempre affettuosissimamente v’ho amato ed amo più che l’anima mia, nè m’è possibile che io ad altro mai rivolga i pensieri che a voi, sì fattamente ne le radici del core mi sète abbarbicato. Onde, dolcissimo signor mio e lume degli occhi miei, (e questo dicendo, perchè erano soli in camera, gli gettò le braccia al collo ed amorosamente in bocca lo basciò due e tre volte), abbiate di voi e di me compassione. Deh, signor mio, rincrescavi di me e siate così mio come io sono e sarò eternamente vostra, chè se questo farete, e voi senza dubio rimarrete de lo stato signore e me d’infelicissima che sono farete la più felice e contenta donna del mondo. – Il conte Ugo che pure attendeva a qual fine i discorsi ragionamenti de la marchesana devessero riuscire, a quest’ultime parole e agli amorosi e soavissimi basci da lei avuti, rimase in modo fuor di se stesso che nè rispondere nè partir si sapeva, e stava proprio che chi veduto l’avesse in quel modo attonito e stupefatto più tosto ad una statua di marmo che ad uomo l’averebbe assimigliato. Era la marchesana bellissima e vaga e così baldanzosa e lasciva, con dui occhi che amorosamente in capo le campeggiavano, che se Fedra così bella e leggiadra fosse stata, io porto ferma credenza che averebbe a’ suoi piaceri il suo amato Ippolito reso pieghevole. Ora veggendo la marchesana che il suo signor Ugo non s’era turbato e che anco non si levava, ma se ne stava immobile, e motto alcuno non diceva, fece pensiero mentre il ferro era caldo tenerlo ben battuto e non gli lasciar tempo di prender ardire di risponderle, o pensar quanta fosse la sceleraggine che si ordiva, e vituperosa ed enorme l’ingiuria che al padre faceva, ed altresì a quanto rischio e periglio si metteva; avendone ella l’agio, un’altra fiata avvinchiatogli il collo con le braccia e lascivissimamente basciandolo e mille altri scherzi e vezzi disonesti facendogli e dolcissime parole usando, di modo inescò ed abbagliò il misero giovinetto che egli sentendosi crescer roba per casa e già la ragione avendo in tutto dato il freno in mano al concupiscibile appetito, egli anco cominciò lascivamente a basciare e morsicar