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nome, sapendo la chiave esser ne la camera, fece chiamar i servidori di casa, dubitando de l’amante e quasi presaga del suo male. L’uscio fu crollato due e tre volte per levarlo di gangheri. In questo arrivò il marito de la donna e sovravenne anco un servidore del Totto. Fu gettata la porta a terra, e nel cadere di quella apparve il misero ed orrendo spettacolo del giovine che fiaccatosi il collo da la trave pendeva. Il perchè, senza fine tutti spaventati e smarriti, non ebbero ardire d’entrar dentro. Fu mandato a chiamar la madre e sorella ed altri parenti del disgraziato ed infelicissimo giovine ed anco avvisato messer Francesco Guicciardino, che a nome di Leone decimo pontefice massimo era governatore di Modena. Venne il Guicciardino e fu il primo ch’entrò in camera, e vide di che modo il giovine s’era impiccato, e i tre scritti guardò e di sua mano prese quello che da la scarpa pendeva fuori. Fece poi distaccar il corpo e prese gli altri dui bollettini. Erano quivi al romore di così strano accidente concorsi molti cittadini e parenti del morto. La dolente madre come arrivò e vide il figliuolo in terra, su quello si gettò e da estrema doglia assalita tramortì. Il pianto si levò grande tra i parenti ed amici del giovine. La Calora miseramente si affligeva battendosi il petto ed altamente piangendo. Furono gli scritti letti dal governatore e mostrati ai parenti del morto, i quali tutti affermavano quelli senza dubio esser di mano del povero giovine. Il servidore d’esso Totto, chiamato dal governatore se sapeva come il fatto fosse stato, narrò la cosa come era seguita, perciò che egli s’era trovato presente a le parole del padrone e de la donna. Essendo poi anco la Calora appartatamente essaminata, disse precisamente il fatto com’era, onde fu giudicato che il povero giovine s’era molto scioccamente lasciato dominare da l’umor malinconico. La sconsolata e dolente madre con amarissime e calde lagrime la così vituperosa perdita del figliuolo lungo tempo pianse. Il che fecero altresì i suoi parenti ed amici. La Calora più e più giorni stette in quella camera ove il caso era occorso, e senza fine pianse la morte del suo servidore, se stessa assai riprendendo che così rigidamente gli avesse dato risposta conoscendolo tanto sospettoso e malinconico. Poi deposte tutte le fogge e le pompe, si ridusse ad un abito molto dimesso e quasi da vedova. E quanto era dinanzi quella che di continovo in giuoco, in feste, in balli e in trastulli se ne stava, tanto più ora se ne guarda ed ha lasciato il giocare, e vive quasi una vita solitaria, poche volte per la città comparendo; e quando se ne va a messa si copre tutta la faccia, nè più lascia veder quelle