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vi piglio questo tratto. – Il Totto che stava a vedere, non potendo questi suoi atti sofferire, si levò e andò altrove. Finito il giuoco e partito colui che aveva giocato, il Totto, pieno d’amarissima passione e da gelosia infuriato, quasi lagrimando le disse: – Padrona mia, voi m’ingannate, e non sta bene, essendovi io sì fedele ed ubidiente servidore. Voi tenete più conto degli altri che di me. – Rispondendo la donna che ella sovra tutti l’amava e non cessando egli di rammaricarsi, poi che ella e tre e quattro volte gli ebbe umanamente risposto, a la fine veggendolo tanto ostinato in questo suo farnetico di gelosia, salita in grandissima colèra iratamente così gli rispose: – Lassa me, che fastidio è il vostro? voi sète più fastidioso e rincrescevole che il mal del corpo. Andate col malanno e impiccatevi! Cessaranno mai questi tanti vostri sospetti? – Il giovine udendo le parole de la sua donna: – Poca fatica, – rispose, – mi sarà questa, quando io sappia di farvi cosa grata. – Nè più disse, ma si stette tutto pieno di malissimi pensieri d’ora in ora più ingelosendo e divenendo più malinconico, di modo che stette dui giorni senza parlar con la sua donna, ancora che egli in casa di lei secondo il suo consueto venisse, perciò che in un cantone mettendosi e con nessuno tenendo proposito sospirava, e ai suoi fieri pensieri dando luogo diveniva quasi forsennato, certi atti facendo come fanno gli sciocchi. La donna a cui senza fine rincrescevano questi fastidiosi modi de l’amante, a lui tutta piacevole s’accostava e con dolci parole ed amorevoli carezze si sforzava tenerlo allegro. Ma egli, in vece di parole, focosi sospiri le rendeva. Durò questa dolorosa vita de l’appassionato amante molti dì, nei quali se uno o dui giorni egli stava con la sua donna in festa, tutto il rimanente poi in lagrime ed in sospiri consumava. E ben che egli per la verità in lei cosa di certezza non vedesse, nondimeno d’ogni fuscello che tra’ piedi gli dava fieramente ingelosiva. Onde giocando ella un giorno a scacchi perdette una discrezione con un gentiluomo, come assai spesso si costuma. Egli di questa cosa, come se in braccio in letto al gentiluomo veduta l’avesse, cominciò seco a farne il maggior rammarico del mondo, sempre dicendole che egli s’accorgeva bene che ella il tutto faceva per farlo disperare e levarselo dinanzi agli occhi. La donna pazientemente il sofferì più volte e lasciavalo dire, sperando pur che devesse cessare. Ma egli fuor di modo lamentandosi, tanta seccaggine di fastidiose parole le diede che ella, perdutane la pazienza, con un turbato viso gli disse: – Oimè, che morte è cotesta? Voi sète oggimai diventato un di quelli de l’inferno. Andate