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donne mai male, stiano con gli uomini quanto si vogliano, pur che non le veggiamo con i maschi nel letto. Alora dicono che sospettiamo un poco di male. Ma queste son ciancie che il volgo dice senza fondamento. Essendo adunque il Totto entrato nel laberinto amoroso e ad altro non pensando che a la bella Calora, deliberò non pigliar mai moglie, e inebriato de l’amor di lei le fece libera donazione inter vivos di tutti i suoi beni, e si sforzò che questa donazione stesse più segreta che potesse, non si avendo riservato se non l’usufrutto dei suoi beni fin che viveva. Io non voglio ora dir quanto circa ciò ho sentito parlar da molti, cioè se egli era de la donna possessore o no, giudicando molti che egli non l’averia donato il suo se non si fosse ritrovato in possesso dei beni de la donna. Basta che egli aveva in quella casa una grandissima libertà; e se bene il marito di lei vedeva il Totto con la moglie in camera, non diceva parola, perciò che ella portava le brache. Visse il Totto con la Calora più di tre anni, che mai tra loro non occorse una minima paroluccia di sdegno o altra amaritudine. Ma non so come, in questo ferventissimo amore del giovine entrò il frigido veleno de la gelosia, di modo che cominciò a temere di non esser per altri da la donna abbandonato. E ben che egli il più del tempo con lei dimorasse, nondimeno lasciò entrarsi nel petto questo pestifero verme che giorno e notte accerbissimamente il rodeva, parendo a lui che ella a tutti mostrasse lieto volto ed altrui più di lui accarezzasse. Ella era sempre vivuta in grandissima libertà, ed essendo lieta, baldanzosa e festevole, molto con tutti scherzava e con bei motti or questi or quelli destava. Era poi allegra di viso che pareva che sempre ridesse. Il Totto che non averebbe voluto vederla così domestica con tutti, una e due volte seco se ne dolse. Ella sempre gli rispose che egli s’ingannava e che non troverebbe mai che altri più di lui amasse. Ma questo era niente, perciò che essendo da molti ella corteggiata e tutto il dì visitata, e con tutti come pur soleva motteggiando scherzevolmente e loro domestica mostrandosi, fu cagione che l’amante estremamente ingelosisse, di maniera che ogni dì egli a lei di lei amorosamente si rammaricava. E tanto crebbe questa sua seccaggine e continovo fastidio di querelarsi ora per ora con lei, che ella seco un dì quasi duramente si turbò, parendole che indegnamente egli di lei avesse simil sospetto preso. Avvenne dunque un giorno che la donna giuocò a tavole con un gentiluomo e che tutta ridente e festeggevole due o tre volte pigliandogli il tratto dei dadi, gentilmente gli prendeva la mano dicendo: – Io