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vale. Ora essendo il giovine in questa maniera legato, la disperata Violante prese in mano le tenaglie e con fiero viso tanto fece che la lingua del tremante cavaliero intenagliò e gli disse: – Ahi, sleale, perfido, villano e crudel cavaliero, non più per le scellerate opere tue cavaliero ma vilissimo uomo, quanto mi duole che io di te non possa publicamente negli occhi di tutta la città quella vendetta prendere che la scelaraggine tua merita! Ma di modo sì fatto ti punirò che a quanti ci sono e che dopo noi verranno sarai essempio, a ciò che di beffar le semplici ed incaute fanciulle debbiano guardarsi, e quando volontariamente hanno fatto una cosa che nel cospetto di Dio è accetta, che la conservino. Non conosci, traditore, questo luogo, ove con simulate parole il matrimoniale anello mi desti e con più falsi parlari la mia verginità mi rapisti? Ecco, mancator di fede, il letto geniale che tu sì leggermente hai violato. Ahi, quante bugie tutte a mio danno ordinate questa falsa lingua m’ha detto! Ma lodato Iddio, ella nessun’altra più ne ingannerà. – Dicendo questo, con un paio di forbici gli tagliò più di quattro dita di lingua. Pigliando poi con le tenaglie le dita de le mani diceva: – Slealissimo, perchè con queste dita mi desti il matrimonial anello? perchè mi sposasti? perchè dopoi con le braccia il collo m’avvinchiasti, se ad altri elle devevano un non legitimo anello donare? – Tagliatogli adunque con le forbici tutte le sommità dei diti, dopo questo ella pigliò un acutissimo stiletto e rivolta agli occhi così disse: – Io non so, occhi ladri che degli occhi miei sète qualche tempo stati tiranni, ciò che di voi mi dica. Voi mi mostraste quando io vi mirava una infinita pietà, un immenso amore e un ardentissimo desiderio di sempre compiacermi. Ove son quelle false lagrimette che per amor mio mi deste ad intendere che avevate sparse? Quante fiate vi sforzaste voi a farmi credere che altra beltà che la mia non miravate, che altra leggiadria non era possibile a vedere che a par de la mia fosse, e che in me come ne lo specchio d’ogni gentilezza, d’ogni bel costume e di quanta mai grazia fu in donna, vi specchiavate? Si oscuri questo falso lume, – e questo dicendo tutti dui gli occhi gli accecò, – a ciò che mai più non veggia la luce del sole. – Nè di questo contenta, poi che qualche altra parte del corpo che per onestà mi taccio gli recise e quasi per ogni membro de l’infelicissimo cavaliero ebbe i suoi taglienti ferri adoperati, al core si rivolse. Era il povero giovine per le ricevute ferite più morto che vivo e fieramente si contorceva, ma nulla gli giovava. Elle l’avevano sì fattamente legato che indarno si scoteva. Orrendo spettacolo certamente