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quando il cavaliero, o che del basso sangue di Violante si vergognasse o che di lei fosse sazio o che altro a ciò lo spingesse, cominciò a far pratica d’aver per moglie una figliuola del signor Ramiro Vigliaracuta, cavaliero d’una de le prime famiglie di Valenza. Onde continuando questa pratica, non dopo molto essendosi tra loro de la dote convenuti, egli questa altra publicamente prese per moglie. Il che essendo in Valenza notissimo e quel giorno medesimo aveva Violante sentito, tutta se ne stordì, e se rimase di mala voglia non è da dire. Ella fuocosamente e senza fine amava il cavaliero che per marito e signore teneva, e avendosi già tanto tempo imaginato di venire ad onor del mondo tanto onoratamente come sperava, ed ora ritrovandosi schernita, non sapeva ritrovar via alcuna di consolarsi. La sera vennero i dui fratelli a casa i quali parimente avevano il nuovo matrimonio udito dire, e trovata la sorella che amaramente piangeva nè consolazione alcuna voleva ricevere, quella a la meglio che puoterono insieme con la madre si sforzarono acquetare e dal pianto levarla. Ma ella fuor di misura afflitta e da estremo dolore occupata, non dava orecchie a cosa che detta le fosse, ma di continovo sospirando e lamentandosi, acerbissimamente la sua disgrazia piangeva. E così quasi tre giorni questa vita senza mangiare e senza bere e senza dormir facendo, a poco a poco si consumava. Astretta ultimamente da natural necessità, prese un poco di cibo ed alquanto dormendo si riposò; e veggendo che il pianto nulla le giovava cominciò sovra i casi suoi a pensare, e non si potendo disporre a tolerar l’ingiuria che il cavaliero l’aveva fatta, deliberò se possibil era di fare che altri anco la ragionevol pena ne portasse, e prenderne tal vendetta quale a sì biasimevol sceleraggine si conveniva, a ciò che per l’avvenire gli uomini non fossero così facili ad ingannar le povere donne. E a nessuno il suo fiero proponimento manifestando, aspettava qualche oportuna occasione, dandole l’animo che il cavaliero le caderebbe a le mani. Deliberata adunque di farne altissima vendetta, andava tra sè imaginando il modo che tener deveva, e in questo mezzo, lasciato il pianto, attendeva a viver più allegramente che poteva. Era in casa una schiava, femina grande e molto gagliarda di circa trenta anni, la quale voleva tutto il suo bene a Violante, avendola da fanciulla allevata e nodrita. Ella non si poteva dar pace che di questa maniera la giovanetta restasse schernita e seco assai pietosamente lagrimato ne aveva. A questa propose Violante manifestare il concetto de l’animo suo, conoscendo che ella sola non