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narrò un meraviglioso accidente, il quale avendo io scritto, ho voluto che sotto il vostro nome tra le mie novelle sia veduto. Degnatevi adunque quello accettare con quella vostra innata umanità, sapendo per vera esperienza quanto il Bandello è vostro e del valoroso signor vostro consorte. Feliciti nostro signor Iddio di tutti dui i pensieri. State sana.


NOVELLA XLII
Il signor Didaco Centiglia sposa una giovane e poi non la vuole e da lei è ammazzato.


Valenza, quella dico di Spagna, è tenuta una gentile e nobilissima città dove, sì come più volte io ho da mercadanti genovesi udito dire, sono bellissime e vaghe donne, le quali sì leggiadramente sanno invescar gli uomini, che in tutta Catalogna non è la più lasciva ed amorosa città. E se per aventura ci capita qualche giovine non troppo esperto, elle di modo lo radeno che le siciliane non sono di loro megliori nè più scaltrite barbiere. Quivi è la famiglia dei Centigli, in quella città sempre stata molto famosa e d’assai ricchi ed onorati cavalieri piena, ne la quale non sono ancor molt’anni fu un cavaliero molto ricco, d’età di ventitrè anni, che si chiamava Didaco. Egli in Valenza aveva il nome del più liberal e cortese cavaliero che ci fosse e che più onoratamente ai giuochi de le canne, a l’ammazzar tori e a l’altre feste comparisse. Costui veduta un giorno una giovanetta di basso legnaggio, ma molto bella e sovra modo avvenente e costumata, di lei fieramente s’innamorò. Aveva la giovane la madre e dui fratelli che erano orefici, ed ella lavorava di sua mano su tele bellissimi lavori. Il cavaliero sentendosi de l’amor di costei tanto acceso che non aveva bene o riposo se non quando di lei pensava o la vedeva, cominciò assai sovente a passarle per dinanzi la casa e con ambasciate e lettere sollecitarla. Ella a cui sovra modo piaceva l’esser vagheggiata dal primo cavaliero de la città, nè in tutto dava orecchie a le domande del cavaliero nè in tutto le rifiutava, ma tenevalo così tra due. Egli che d’altro aveva voglia che d’esser pasciuto di parole e sguardi, e d’ora in ora più di lei s’invaghiva e sperava con san Giovanni bocca d’oro incarnar il suo dissegno, ebbe modo di fare che ella fosse contenta di ridursi con lui a parlamento ove più le piacesse, impegnandole quanta fede aveva che da lui non riceverebbe ingiuria nè forza alcuna. La giovine communicò il tutto