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vedeva, e da l’altra parte temendo per non saper a che fine fosse suo cugino là andato, se ne stava quasi mezzo attonito. Or Guniforte diligentemente il suo parente guardando, riconobbe in lui una picciola cicatrice che Aleramo aveva sovra l’occhio sinestro, che giocando di spada nel tempo che imparava a schermire gli fu da un suo compagno fatta; ed ancor che Aleramo fosse poverissimamente vestito, affumicato, magro, barbuto e tanto contrafatto che pareva un di questi spazzacamini che vengono dal lago di Lugano, nondimeno Guniforte giudicò quello esser il suo cugino; e smontato se gli gettò al collo e piangendo di compassione ed allegrezza gli disse: – Tu sei pur Aleramo mio cugino! non ti nasconder più, chè tu sei stato troppo ascoso, e tempo è che tu ritorni al tuo primo stato e a maggior che prima. – Aleramo alora alquanto confortato abbracciò strettissimamente Guniforte, ed insieme per buona pezza lagrimarono. Erano in compagnia d’esso Guniforte alcuni che erano in Sassonia soggetti di Aleramo, i quali, conosciuto il lor signore e trovatolo così mal in arnese, tutti riverentemente, piangendo, se gli inchinarono. Stava Aleramo così tra due sospeso, non sapendo ancora la fine de la venuta del suo cugino; tuttavia avendo visto il figliuolo così bene ad ordine e le carezze che il cugino tanto amorevolmente gli faceva, non pensava dever sperar se non bene. In questo mezzo Guglielmo era corso a chiamar sua madre, la quale in una fontana vicina a la caverna lavava suoi panni. Com’ella vide il figliuolo riccamente vestito che proprio pareva figliuolo di gran prencipe, lasciati i panni, corse ad abbracciarlo e di dolcezza lacrimando mille volte quello teneramente basciò. Disse Guglielmo alora: – Madre, egli è qui venuto il signor Guniforte Scombergh mandato a posta da l’imperadore, come da lui intenderete. – Turbossi Adelasia, non sapendo a che fine l’imperadore avesse mandato per loro, non gli avendo Guniforte voluto dir cosa alcuna. Ora sentendosi Adelasia dal marito col proprio nome chiamare, che fin a quell’ora era stato ai figliuoli proprii incognito, alquanto si confortò ed incontro a la compagnia che verso lei veniva s’inviò dal figliuolo accompagnata. Ella era come il marito poverissimamente abbigliata e tutta tinta, secondo che anch’ella il carbone toccava e metteva nei sacchi ed aiutava caricare; nondimeno dimostrava tuttavia le sue bellissime fattezze, e spirava dal vago volto maiestà, non potendo il povero' 'vestire celar la reale e generosa creanza de l’animo suo. Poteva ella alora aver da trentatrè anni, poco più e poco