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ancor che Guglielmo nomasse per altri nomi i suoi parenti, che i nomi s’avevano cambiati per non esser conosciuti. Onde prima che partir volesse da Savona, chiamò a sè un barone che era cugino d’Aleramo e gli disse: – Questo giovinetto che questi dì a la mia presenza così valentemente si diportò, che senza essergli cavato gocciola di sangue ammazzò il suo nemico, di modo mi rassimiglia che molti lo tengono per mio figliuolo. Io l’ho domandato i nomi del padre e de la madre sua, che dice esser alemanni; ed ancora che egli mi dice che eglino siano per altri nomi nomati, io mi son messo in animo che di leggero potrebbero esser Aleramo tuo cugino e mia figliuola Adelasia: tanto più che sempre che io veggio Guglielmo che sì mi simiglia, mi sento tutto commovere il sangue e prendo grandissimo piacere a vederlo ed infinita contentezza a parlar seco. Come tu sai, io aveva altre volte deliberato, se a le mani mi venivano, nel sangue loro incrudelire. Ora Guglielmo m’ha levato ogni mal talento. E se essi, come mi giova credere, son vivi, io ti do la fede da vero e leal imperadore che tutte le ingiurie perdono' 'loro, ed accetto Aleramo per mio carissimo genero ed Adelasia per amorevole e diletta figliuola. Io adunque voglio che tu insieme con Guglielmo là te ne vada ove egli dice che questi suoi poveri parenti dimorano, e di questo mio pensiero t’assicuri; e ritrovando che siano quelli, che qui tu gli meni, a ciò ch’io possa a grandezza loro far ciò che m’è ne l’animo caduto. E se non fossero quelli che noi cerchiamo, nondimeno rimena Guglielmo, al quale io intendo far del bene ed onore assai, non volendo che indarno mi rassomigli. – Fatto poi chiamar Guglielmo, a quello impose che seco conducesse Guniforte Scombergh, – così era detto il barone, – a la caverna su le Langhe ove suo padre dimorava. Avuta questa commissione, Guglielmo disse a Guniforte che sempre che voleva andare, che gli era presto d’accompagnarlo. Guniforte non dando indugio a la cosa, prese alcuni dei suoi servidori ed altri, e con lui si mise a camino e verso la caverna s’inviò, ed assai a buon’ora arrivò al luogo. Caricava alora Aleramo certi asini suoi di carbone per andar in Aste, quando dal figliuolo e dal cugino fu sovragiunto. Conobbe egli subito il figliuolo ed il cugino, ma Guniforte non raffigurò già lui così tosto. Giunti dove Aleramo il carbone caricava, Guglielmo disse a Guniforte: – Signore, questo è il padre mio; – e dismontato corse amorevolmente ad abbracciarlo. Mentre che Guniforte intentamente rimirava per riconoscer Aleramo, egli intenerito per la vista del figliuolo che così ben vestito