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i noiosi fastidii del periglioso camino le faceva parer piaceri e diporti. Perciò ben si può veritevolmente dire che in tutte l’operazioni umane, quantunque difficili e colme di fatiche e di mortali perigli, chi per amor le fa non sente dispiacer alcuno, perchè amore è il vero e saporito condimento del tutto. Ora che gli amanti se ne vanno, Dio doni lor buon viaggio. La matina che Adelasia in corte non si trovò e fu buona pezza indarno cercata il romore fu grandissimo e l’imperadore si mostrò senza fine di mala voglia, e tutto quel dì altro non si fece che cercarla. Il giorno seguente, non si trovando di lei indizio alcuno, ed Aleramo non comparendo, e inteso dai suoi di casa che quella notte non s’era visto, tennero tutti per fermo che egli avesse la giovane rubata. E l’imperadore, pensando che egli a le sue castella fosse in Sassonia ito, là mandò con prestezza, ma niente si puotè intendere. Onde fece bandir per tutto l’imperio che chi prendeva Aleramo con Adelasia avesse grandissimi doni. Erano già i dui amanti' 'in Ispruc quando sentirono gridarsi il bando, del che eglino si risero, veggendosi in guisa trasformati che impossibil pareva loro che devessero esser conosciuti. Partirono da Ispruc e se ne vennero verso Trento, e caminando allegramente senza sospetto di trovar cosa che il lor viaggio distornasse, la fortuna che da tanta altezza al basso tratti li aveva, di questo non contenta, gli apparecchiò nuova disgrazia, perciò che non molto lungi da Ispruc s’abbatterono in certi malandrini che in un tratto ebbero Aleramo dispogliato ed anco Adelasia. E se non giungevano alcuni mercadanti, facilmente averebbero conosciuta Adelasia, che pareva esser un garzone. Perdettero adunque tutto l’aver loro e rimasero quasi ignudi, nè ardirono dire ciò che gli era stato involato per tèma d’esser conosciuti, onde furono astretti andar mendicando. E così si condussero in Italia e andarono ne le Langhe tra Aste e Savona, ove il povero Aleramo si mise a tagliar de le legna, – chè ivi erano foreste grandissime, – e far del carbone, ed a la meglio che poteva guadagnar poveramente il vivere. Quivi Adelasia partorì il suo primo figliuolo a cui posero nome Guglielmo. Ed a ciò che in ogni particolarità di questi dui sfortunati amanti non vada raccontando, vi dico che stettero in una grotta su quelle montagne più di sedici anni, col far del carbone e qualche altra cosetta di legname, chè sapete tutti i tedeschi esser molto artificiosi. E in quel tempo ebbero in tutto sette figliuoli maschi, dei quali il primo essendo già grandicello andava spesso col padre ora in Aste, ora a Savona ed ora in Alba vendendo il carbone e quegli